Riforma Pa, ok cancellazione dei diritti camerali

ROMA – La delega della riforma della Pa prevede “la cancellazione” dei diritti camerali, ovvero delle somme che le imprese pagano alle camere di commercio ogni anno per i diversi servizi. A spiegarlo è il ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, che sta seguendo da vicino anche i lavori sul dl Pa, al vaglio della commissione Affari costituzionali della Camera.

E anche qui non mancano novità. Il decreto è stato modificato nella parte relativa alle sedi distaccate dei Tar: la versione originale del testo stabilisce la loro soppressione, mentre l’emendamento approvato, a firma di Gregorio Gitti (Per l’Italia), salva cinque sedi su otto (Reggio Calabria, Catania, Lecce, Brescia e Salerno) per le altre tre (Latina, Parma e Pescara) invece la tagliola scatterà più tardi, il termine per l’abolizione è stato spostato al luglio del 2015 (dall’ottobre del 2014).

Sempre in giornata è stato dato disco verde ad un emendamento che impone il rendiconto, in caso di rimborso spese, per i pensionati della Pa che ricoprono incarichi dirigenziali a titolo gratuito. Il ministro Madia ha fatto sapere che domani saranno presentati gli emendamenti del Governo, quanto alla possibilità di ricorrere alla fiducia in Aula, dove il dl dovrebbe arrivare venerdì, ha evidenziato: “poi si vedrà” per ora è importante il lavoro della commissione, che ha definito “buono, con molte modifiche”.

Quanto alla delega, invece, il ministro ha evidenziato, oltre all’eliminazione dei diritti camerali, anche il trasferimenti del registro delle imprese al ministero dello Sviluppo economico. A proposito di sistema camerale, domani scenderanno in piazza i lavoratori delle Camere di Commercio, per una manifestazione nazionale che vede insieme le tre categorie di Cgil, Cisl e Uil. Tutte contro i tagli previsti, per ora, dal decreto legge di riforma della pubblica amministrazione, visto che l’abolizione inserita nella delega è stata annunciata solo oggi da Madia. Il dimezzamento delle somme dovute dalle imprese al sistema, avrebbe già, infatti, ripercussioni forti sull’occupazione, in un settore che, nel suo complesso, conta oltre 10 mila addetti. Se il dl non cambia, il taglio secco del 50% metterebbe a rischio, stando ai calcoli di Unioncamere, 2.600 posti.

Il 23 luglio, probabilmente, le camere di commercio saranno protagoniste non solo in piazza ma anche in Parlamento, che potrebbe alleviare la riduzione dei diritti camerali almeno nella fase iniziale, ovvero prima dell’attuazione della delega, diluendola in due tranche. Fp-Cgil, Cisl-Fp e Uil-Fpl hanno deciso di portare la loro protesta nella Capitale dopo, spiegano, una “mobilitazione sul territorio” e “la raccolta di firme per richiedere la cancellazione dell’articolo” del dl in questione.

Le tre sigle sindacali della funzione pubblica sottolineano come gli oneri camerali siano “la principale fonte di sostentamento di un sistema di servizi utile ad aziende che, come emerso da una recente indagine di Confcommercio, per oltre il 70% lo ritengono indispensabile, apprezzando la qualità?dell’offerta”.

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