Stando alla descrizione del Corriere della Sera di venerdì 13 novembre, la ratifica in Consiglio dei ministri del leggero, ma da tutti invocato, taglio delle tasse, si è svolta in un clima tutt’altro che sereno. Mentre il premier Silvio Berlusconi appariva stanco e sorprendentemente laconico – addirittura sonnecchiante – fra i ministri la tensione è salita al massimo, con il titolare all’Economia Tremonti come al solito al centro delle dispute più veementi.
La tensione era attribuibile a una serie di fraintendimenti: i ministri riuniti credevano di votare la riduzione dell’Irap e degli acconti dell’Ires. In realtà nel documento preparato da Tremonti di Irap non c’era più traccia e insieme al piccolo taglio favorevole alle imprese ce n’era uno , modesto ma significativo, sull’Ire (la vecchia Irpef) per non scontentare i sindacati che avevano minacciato lo sciopero generale. Insomma al decreto sarebbe stata data una «registrata», e si sarebbe deciso di tagliare l’imposta sui redditi «per una ragione di giustizia e di equità sociale». Qualche euro in più per tutti in tasca, alla vigilia di Natale.
L’alterco poi degenerato a male parole tra Tremonti e Brunetta ha una spiegazione. Il ministro della Pubblica Amministrazione ha provato a presentare un altro pezzo della sua famosa riforma. Tremonti non ha esitato a bocciare il «professor Renato»: «Non si fa la semplificazione con una nuova regolamentazione », ha iniziato a ripetere dando sulla voce del collega. Si è scatenato il parapiglia, e per una volta Letta è intervenuto a sostegno di Tremonti.
Altro scontro, questa volta entro i limiti dell’urbanità, con la Prestigiacomo. Al ministro dell’Ambiente che chiedeva 5 milioni, il poco trattabile Tremonti rispondeva: «Cara Stefania, questo modo siciliano che hai di ragionare… ». Alla Prestigiacomo la battuta non è piaciuta per niente: «A me certe battute non le fai. Poi visibilmente turbata ha abbandonato l’arena: «Me ne vado, sennò gli alzo le mani». Risultato, la sua richiesta è stata procrastinata.