ROMA – “Occupy Senato’s Restaurant”: succede anche questo, gli scandalosi prezzi popolari del menù a Palazzo Madama sono stati finalmente aumentati e il ristorante si svuota dei clienti. Risultato, i trenta dipendenti a rischio licenziamento hanno occupato simbolicamente il ristorante. In effetti, dai 5 euro per un’orata in crosta si è improvvisamente passati ai 17 euro di una bistecca: se ci vuoi un piatto di patate come contorno devi scucire altri 10 euro. Troppo per il povero senatore (e il funzionario, il giornalista accreditato, l’ospite eventuale), che ha rinfoderato il braccino corto in tasca e ha iniziato a disertare il ristorante.
Pietra dello scandalo che ha fatto scattare l’agitazione sindacale nel cuore di Palazzo Madama, le nove lettere di licenziamento recapitate a sei camerieri, due cuochi e un addetto alla Tabaccheria, dalla Gemeaz Cusine, la società appaltatrice di tutti i sevizi di ristorazione all’interno del Palazzo. Gemeaz ha ragionato in termini crudamente economici: meno coperti uguale ridimensionamento del personale. Lo scandalo procurato dal faro acceso sui prezzi bassissimi del ristorante prima della cura ha fatto sì che la protesta venisse subito amplificata grazie anche al tam tam su Facebook e similia.
Gli uffici del Senato si sono dunque subito allertati per gestire una mediazione. In piccolo, è andata in scena una trattativa che replica una situazione tipo. La Gemeaz aveva chiesto una rescissione consensuale del contratto con il Senato. Con la richiesta supplementare della cassa integrazione cui si sono opposti Cisl e Uil. Quindi ha fatto partire le lettere di licenziamento. L’inedito picchetto nei luoghi del potere ha consentito di aprire un tavolo di trattativa. “I destini dei lavoratori impiegati e le loro legittime esigenze sono al centro delle preoccupazioni del Senato” recita una nota dell’ufficio di Schifani.