Manifesti Br, Lassini si arrende: “Mi ritiro”. Poi la lettera di scuse a Napolitano

ROMA – La notizia arriva nel tardo pomeriggio di martedì: Roberto Lassini si arrende e rinuncia a quel posto nella lista del Pdl alle amministrative di Milano. Troppo forti le polemiche e il fuoco, degli avversari e poi degli amici, per tenere il punto. Troppo impopolari quei manifesti. Troppo tutto in una storia, in cui ogni aspetto è  eccessivo, anche la misura delle scuse, culminate in una lettera da libro cuore al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Roberto Lassini è l’uomo che ha dichiarato di essere il responsabile per quei manifesti che hanno invaso Milano. Quei manifesti in cui c’era scritto “fuori le br dalla Procura”. Troppo, appunto, anche nel clima velenoso di questi giorni. Perché, è storia, le br nelle procure ci sono entrate solo per due motivi: o perché imputate o per uccidere i magistrati.

I manifesti hanno scandalizzato il presidente della Repubblica  che ha replicato con una durezza che non gli è solita. E là, per Lassini, è stata la fine. Chi nel partito aveva tenuto un silenzio imbarazzato sulla questione ha iniziato a dissociarsi. A cominciare da Renato Schifani. Poi le parole definitive di Letizia Moratti, che a Milano corre per la fascia: “La mia candidatura è incompatibile con quella di Lassini”. Fine dei giochi. Anche chi, in prima battuta aveva provato a difenderlo ha dovuto fare un passo indietro, ovvero quel Mario Mantovani che del Pdl è coordinatore regionale.

Il siluramento ufficiale di Lassini arriva per lettera (ce ne sono diverse in questa storia). Il mittente proprio Mantovani: “Sono a chiederLe ufficialmente il ritiro della sua candidatura presso la Segreteria del Comune di Milano – scrive il coordinatore regionale – Quella da lei intrapresa non è la strada giusta e la provocazione da lei promossa, facendo riferimento alle BR, risulta essere inaccettabile e pertanto da respingere fermamente: noi siamo per la libertà e per il rispetto assoluto della persona e riteniamo che sia il confronto democratico l’unica sede per far vincere le nostre idee e realizzare le nostre speranze”.

Quindi Lassini si pente e si duole, via epistola, anche con Napolitano: “Le parole da Lei espresse in merito alla nota vicenda dei manifesti affissi a Milano – ha detto Lassini leggendo la lettera inviata al Capo dello Stato – mi hanno profondamente toccato. Non lo dico – ha proseguito – per compiacerLa nè per riscattarmi, ma perché condivido l’attaccamento allo Stato e il rispetto delle istituzioni democratiche da Lei richiamati”. Lassini nella lettera ha spiegato di rendersi conto solo adesso che “il messaggio espresso in quel manifesto, da me in qualche modo patrocinato, tradiva una rabbia personale con cui ho convissuto per anni e non teneva in giusta considerazione il dolore di altri italiani e l’attacco non voluto al nostro Stato”.

Finisce così, con Lassini che rinuncia e la polemica che, in teoria si chiude. Sulle liste il suo nome, per questione tecnica, comparirà lo stesso. Anche in caso di elezione, però, la rinuncia di Lassini gli impedirà di sedere in consiglio. A dire il vero, però, qualche domanda resta. A cominciare dal lungo silenzio di Silvio Berlusconi sul tema. Poi c’è un problema editoriale e finanziario: non si tappezza Milano improvvisando. Qualcuno ha progettato, pagato e pianificato. Ma col ritiro di Lassini, probabilmente, non se ne parlerà più.

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Emiliano Condò