Mamme in Francia, ma non in Italia. Non entrambe, per lo meno, secondo il sindaco di Roma Roberto Gualtieri che ha respinto la domanda di trascrivere l’atto di nascita del figlio di una coppia Lgbt, due donne sposate a Parigi, indicando entrambe le donne come madri del bambino.
La coppia è formata da una cittadina italiana e una francese: il piccolo è nato a ottobre 2021 a Parigi, in seguito a una procreazione medicalmente assistita e lì registrato come figlio di entrambe le donne, come previsto dalla legge francese.
L’ostacolo sorge nel momento in cui le due mamme decidono di trasferirsi a Roma: fanno richiesta al sindaco, in qualità di ufficiale dello stato civile, di trascrivere l’atto di nascita integrale del bambino, perché possa esistere anche per lo Stato italiano e per proteggere la sua identità personale e familiare.
Ma il sindaco Gualtieri ha detto no, richiamando alcune istruzioni fornite dal ministero dell’Interno in tema di trascrizioni di atti con genitori dello stesso sesso. Risultato? Il certificato è stato trascritto solo parzialmente, con l’indicazione della sola mamma che lo ha partorito.
Trascrizione atto di nascita dall’estero, un “atto dovuto” per Rete Lenford
Ad intestarsi la battaglia delle due mamme è ancora una volta Rete Lenford, l‘associazione di avvocate e avvocati che si battono per i diritti delle persone Lgbt+. L’avv. Vincenzo Miri, presidente della Rete e legale della coppia di mamme, ha detto di aver illustrato a Roma Capitale che la richiesta delle due donne doveva considerarsi non solo pienamente legittima, ma anche dovuta.
La trascrizione di un atto di nascita già formato all’estero è infatti consentita dalla Corte di Cassazione sin dal 2016 con un orientamento giurisprudenziale che, persino davanti alle Sezioni Unite, non ha registrato nessuna pronuncia contraria e che è stato richiamato anche dalla Corte costituzionale.
Una giurisprudenza unanime delle Corti superiori con le sentenze Cass. 19599/2016; Cass. 14878/2017; Cass. 12193/2019; Cass. 23319/2021; Corte cost. 221/2019; Corte cost. 230/2020).
Ma ora, per il Comune di Roma, e di conseguenza per lo Stato italiano, il bambino ha soltanto una mamma.
L’avv. Miri (Rete Lenford), difensore delle due mamme: “Nulla cambia rispetto a Raggi”
“Ad oggi rispetto all’amministrazione Raggi nulla è cambiato”, ha detto a Blitz Quotidiano l’avvocato Miri. “Ci sembra ancora incredibile che il sindaco di una Capitale possa rifiutare un atto che serve a tutelare i diritti dei bambini e sul quale non esiste alcuna esitazione giurisprudenziale”.
“Restiamo francamente sbigottiti dinanzi alla posizione assunta dal Sindaco di Roma – spiega il legale – visto che da ormai sei anni la Corte di cassazione ha respinto la posizione del Ministero dell’Interno e ha addirittura giudicato “impellente” la continuità e la conservazione dello stato di figlio acquisito all’estero”.
“La decisione del Sindaco – aggiunge – che durante la campagna elettorale aveva incontrato le associazioni LGBTI+ e aveva garantito un’attenzione ben diversa da quella della precedente Amministrazione, impegnandosi anche alla formazione del personale degli Uffici comunali, lascia amareggiati e ancora increduli”.
“Al Sindaco – spiega ancora Miri – è stato semplicemente chiesto di applicare le norme sulla trascrizione di atti esteri così come unanimemente interpretate anche dalla Corte costituzionale e dalla Corte di cassazione. Non assume, infatti, alcuna rilevanza l’indirizzo che quest’ultima ha assunto rispetto alla diversa fattispecie di formazione in Italia di atti di nascita con due mamme a seguito di nascite avvenute in Italia e non all’estero: in quei casi la Corte di cassazione ha sì espresso un orientamento negativo, contrario a quello fatto proprio da moltissime Corti territoriali e a nostro avviso ancora suscettibile di essere portato alla valutazione della Corte costituzionale, ma ha sempre precisato che una opposta soluzione debba adottarsi rispetto al diverso caso di trascrizione di atti formati all’estero”.
“Eppure, il Sindaco di Roma ha scelto una strada che costringe la coppia a ricorrere in Tribunale e ad affrontarne costi e tempi. Le due mamme, che pensavano di trasferirsi in una capitale attenta alle istanze delle persone LGBTI+, hanno evidentemente coltivato false speranze”.
L’ufficio per i diritti Lgbt+ mai istituito a Roma
La decisione di Roma Capitale risulta ancor più amara in prospettiva dell’istituzione dell’Ufficio per i diritti Lgbt+, ad oggi non ancora avvenuto.
“Da mesi – osserva il presidente di Rete Lenford – si attende che il Sindaco, come aveva promesso, istituisca l’Ufficio per i diritti LGBT+. L’episodio di oggi dimostra come la costituzione di quell’Ufficio, purché accompagnata da un reale cambio di passo del Sindaco e da un indirizzo politicamente orientato a tutelare le persone LGBTI+, non sia più differibile. Resta, infine, davvero intollerabile che il Ministero dell’Interno non riconosca il diritto vivente in tema di trascrizione degli atti di nascita con due mamme, violando gravemente i diritti fondamentali di tanti bambini e tante bambine”.
Rete Lenford ribadisce infine il proprio impegno, “non solo nelle sedi giudiziarie, affinché episodi analoghi non si verifichino più e affinché l’Italia diventi un Paese davvero accogliente, rispettoso della dignità di tutte le sue cittadine e di tutti i suoi cittadini a partire dagli Uffici più vicini alla sua popolazione”.