Roma Capitale…della faccia tosta. Giornata memorabile quella del 19 luglio 2010: sul Campidoglio, in spiaggia ad Ostia e Fregene, intorno ai tavoli dei ristoranti e tavolini dei bar in piazze e vie del centro storico è stata grande e contemporanea performance della “Compagnia della Lacrima”. Testo e atto unico recitato un grande classico: “Quel che ho arraffato me lo tengo”.
Prima scena, l’aula del Consiglio comunale. All’unanimità, 56 a zero, tutti gli eletti di maggioranza e opposizione si sono stretti intorno alla “dignità di tre milioni di abitanti”. Per difendere tale “dignità”, insidiata dal governo molestatore, i consiglieri hanno votato una modifica alla legge denominata appunto Roma Capitale. Tale legge che a Roma porta soldi ha la sfrontatezza di chiedere che i membri della futura Assemblea passino da 60 a 48. Affronto e insolenza all’unanimità respinti: i posti in Consiglio devono restare 60, ne va della “dignità” dei cittadini di Roma. La legge proseguiva nella sua blasfema sconsideratezza, diceva: 12 assessori e non più 15. Respinto anche questo oltraggio. E respinta anche l’idea di affamare i rappresentanti del popolo sul territorio. Sempre all’unanimità deciso e votato che i consiglieri, gli assessori e i mini sindaci dei Municipi avranno regolari stipendi fissi e contributi pagati. Per una volta, guarda caso stavolta, si è materializzato il mirabile fenomeno per cui destra e sinistra, centro ed estreme si sono trovate unite nel voto. Una scatto di orgoglio e, appunto, dignità. Nel nome della suprema legge, naturale e inviolabile, che comanda: i posti e i soldi pubblici che abbiamo portato a casa ce li teniamo. E il taglio dei costi della politica? Demagogia. Se ne sono dimenticati in Parlamento, vuoi che se ne ricordino in Campidoglio?
Ma la “Casta” non è sola in questa giornata romana. La “Società Civile” la affianca in un riuscito gioco di specchi. Vai al mare e ti danno un volantino, c’è scritto che è in corso la sacrosanta battaglia per la sopravvivenza del mare libero e sicuro. Libero per chi? Per i cittadini ovviamente, così dicono i gestori degli stabilmenti balneari. Sicuro per chi? Ma sempre per la “gente”, ovviamente. E chi minaccia libertà e sicurezza del mare, degli ombrelloni, delle sdraio, delle cabine e bar e ristoranti annessi? La perfida Europa. E che vuole l’Europa? Vuole niente meno che i gestori degli stabilimenti non abbiano le spiagge in concessione a vita. Ma come si permette l’Europa di chiedere che le spiagge pubbliche siano sottratte, scippate ai loro padroni naturali, cioè a quelli che se le sono prese? Diabolici marchingegni vuole l’Europa: aste, concessioni a tempo. In Italia la legge naturale e inviolabile vuole che chi si è preso la spiaggia pubblica pagando una miseria di canone allo Stato se la tenga a vita. Altrimenti che faranno figli e nipoti dei gestori degli stabilimenti?
Vai a cena in un ristorante in città o a prendere un aperitivo al bar. Ristoranti e bar che hanno colonizzato marciapiedi, strade e piazze con i loro tavolini. Ristoranti e bar che da decenni eroicamente respingono o ignorano ogni regolamento e limitazione: la strada e la piazza antistante al loro locale è “loro” per diritto naturale e inviolabile. E adesso chi minaccia la tranquillità di chi cena o beve un drink all’aperto, insomma la qualità della vita dei cittadini? Niente meno che il Comune di Roma che su quei tavoli e tavolini al cinquanta e passa per cento abusivi sì, ma abusivi di “abitudine”, vuole aumentare le tasse. Le tasse! Quando in media ristoratori e baristi già denunciano al fisco quasi ventimila euro lordi annui di incassi. Il marciapiede e la strada l’ho preso e me lo tengo, nel “tuo” interesse ovviamente: questo spiegano al cittadino.
Dal Campidoglio alla spiaggia, al bar, al ristorante: questa è la canzone romana. Roma “arraffona”? Al Nord sono più “imprenditori”: giunge notizia che a Milano hanno inquinato un’intera falda acquifera. Pregiate aziende hanno fatto finta di bonificare l’area ex Montedison, così hanno realizzato il doppio affare di farsi pagare la bonifica e di sfruttare le aree. Milano sì che è “impresa”. Dice che la stessa attività imprenditoriale è in gran voga in Campania? Sarà che almeno in qualche “area” Nord e Sud sono uniti nella lotta per un profitto migliore.