La burocrazia è stata individuata come uno dei mali peggiori che affliggono l’ Italia dai Saggi nominati dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. I Saggi hanno scritto banalità, cose pericolose (sulla Giustizia, scansando peraltro i temi più ostili ai magistrati) e sulla burocrazia hanno scoperto l’acqua calda: resta però importante che qualcuno metta a fuoco il problema, in un Paese dove la riforma dei burocrati è stata affidata da Mario Monti a loro stessi.
Il morbo burocratico è il tema di una intervista, raccolta da Enrico Marro per il Corriere della Sera, a Salvatore Rossi, vicedirettore generale della Banca d’Italia, che del gruppo dei Saggi faceva parte. Marro lo cita attribuendogli queste parole:
“La burocrazia è diventata un freno anziché una spinta per il Paese”.
Per questo il prossimo governo dovrà, innanzitutto,
“intervenire sul malfunzionamento della pubblica amministrazione, che è la più evidente anomalia dell’Italia anche rispetto a Paesi dalla cultura giuridica simile, come la Francia e la Germania, dove l’impianto normativo e regolamentare è orientato molto più a favore dell’efficienza”.
Secondo Salvatore Rossi,
“il problema dei problemi sta in un nesso perverso tra assetto normativo e prassi amministrative che disincentiva le decisioni costruttive. C’è una stratificazione di norme, primarie, secondarie, regolamenti, e una prassi fatta di infiniti passaggi che producono un blocco decisionale”.
Un esempio? chiede Marro. Risponde Rossi:
“Prendiamo un governo, non importa se politico o tecnico. Mettiamo che vari una riforma importante anche per decreto legge e che il Parlamento la approvi. Bene, è alto il rischio che questa legge non produca effetti o li produca troppo tardi, quando magari le condizioni per cui era necessaria sono cambiate. E questo perché ci sono una miriade di decreti attuativi che non vengono fatti o arrivano in ritardo”.
Questo succede per due ragioni, spiega Rossi:
1. “politicamente è più facile trovare il consenso su un principio generale piuttosto che sui modi di attuarlo in pratica, che incidono sugli interessi concreti.
2. “le norme che disciplinano questo percorso sono farraginose. Una bozza di decreto ministeriale deve fare troppi passaggi tra le stesse burocrazie ministeriali e le magistrature di controllo. Lungaggini e ostacoli che producono un senso di frustrazione nei cittadini oltre che un’alta inefficienza del sistema decisionale”.
Rivendicando il merito di avere indicato proposte concrete e non solo avere parlato di massimi sistemi, Rossi dice che bisogna
“abolire diversi passaggi; l’opzione zero per i regimi autorizzatori non necessari; imporre la trasparenza agli uffici mettendo online tutte le fasi della procedura, i responsabili e i motivi degli eventuali ritardi. Tutti potrebbero così misurare i diversi gradi di efficienza e produttività degli uffici”.
Alla osservazione di Enrico Marro che
“questo significa ingaggiare un braccio di ferro con la burocrazia che blocca i processi decisionali”
Salvatore Rossi aggiusta un po’ il tiro:
“Non voglio gettare la croce addosso alla burocrazia della quale io per primo sono un esponente e dove ci sono tante persone, a tutti i livelli, di grande valore. Però non c’è dubbio che la burocrazia nel suo complesso, per il modo in cui funziona a causa dell’assetto normativo e regolamentare, è diventata un freno anziché una spinta per il Paese”.