E Scajola continua a scrivere il suo maxidossier, che parte proprio dalla cifra colossale pagata per quella casa, che lui spergiura di aver fatto valutare minuziosamente prima e dopo l’affaire esploso. Sopratutto dopo, quando ha chiesto perizie su tutti gli appartamenti zona Colosseo, scoprendo che il prezzo medio non era mai superiore ai 750 mila euro, altro che il milione e seicento, alla fine pagato per il suo mezzanino dello scandalo.
La conclusione che Scajola ha fatto trapelare, dopo avere spulciato atti notarili e perizie di immobiliaristi è amara: o quei soldi non valevano niente per la cricca, che poteva permettersi di gettarli in attesa di chissà che, magari di qualcosa che i Pm di Perugia stanno ancora cercando, come contropartita al loro largheggiare, oppure riciclaggio.
Ecco il tarlo che rode il potente berlusconiano, in ambasce per la seconda volta, da quando è salito nel governo a fianco del Cavaliere e che lo fa stare sul cancello della villa di Diano Calderina. Con la valigia pronta per correre ad aiutare Berlusconi, ma anche con la voglia di chiarire fino in fondo la trappola.
A un cronista de “Il Secolo XIX” ha confessato che quando è scoppiato lo scandalo ha sentito “la morte dentro”, come l’ombra di qualcuno che lo aveva pugnalato alle spalle. La stessa frase l’aveva usata otto anni fa, nello stesso giardino, quando era esploso lo scandalo Biagi, per quella frase, messagli in bocca da due giornali “ Il Sole 24 ore” e “ Il Corriere della Sera”, “Biagi, un rompicoglioni che voleva solo consulenze.” Una frase non sua, ma detta da un altro ministro di quel secondo Governo Berlusconi, di cui lui faceva parte al Ministero dell’Interno.
Stessa frase, stessa scena, stesso giardino, stesso finale, con il ritorno a Roma e una nuova, magari più prudente investitura nel Pdl della diaspora, dove il Capo ha bisogno di tutti, anche di chi cade una, due, tre volte, ma poi si rialza sempre. Come una versione di casa, che sta all’originale come il paté di olive imperiesi sta al paté di fegato d’oca francese, di quel Napoleone, al quale Scajola, secondo i suoi critici più caustici, assomiglia, per la statura, per il piglio, per quei geni mediterranei così ben fatti fruttare nel gioco del potere. La Corsica non è proprio la’ davanti a Imperia, un braccio di mare che in certi giorni di luce si vede dietro l’angolo: tre volte sulla polvere tre volte sull’altare…..?