“Chiarirò tutto al più presto con i magistrati”: è la frase standard di tutti i coinvolti eccellenti nel “Casagate” italiano-vaticano. Frase che comunica al mondo che il coinvolto eccellente non ha niente da nascondere e da temere, anzi ha fretta di andare da un magistrato per “chiarire” appunto che tutto è in regola. Lo dicono, lo garantiscono, anzi lo chiedono quell’appuntamento con il magistrato. Però poi dal magistrato non ci vanno, non da quelli di Perugia almeno che conducono l’inchiesta. Fuga da Perugia e dalla sua Procura: l’ha inaugurata Scajola scoprendo che quella Procura era a suo giudizio “inaffidabile” e “non competente”. L’ex ministro aveva preso appuntamento, poi ci ha ripensato. Preferisce “chiarire” con la Procura di Roma e quindi dal magistrato non ci va. Stessa mossa, medesima “esitazione” e fuga da Perugia ha messo in atto il Cardinale Crescenzio Sepe. I suoi avvocati gli hanno consigliato di aspettare che carte e indagini passino a Roma. Insomma il “chiarirò tutto al più presto con i magistrati” diventa “parlerò, ma non oggi, forse domani, di certo con qualche magistrato, ma non con quelli, con altri, con calma”. Nel pieno diritto dei coinvolti eccellenti di difendersi come ritengono opportuno, però in patente e palese “sceneggiata”: l’ansia di “chiarire” è raccontata solo in conferenza stampa. Spenti i microfoni e i riflettori e le telecamere, l’ansia sparisce e il “chiarimento” evapora e sfuma.