Scelli: “Sono una Ferrari e mi tenete in garage. Sono stato tentato da Fli”

Fino al 14 dicembre se ne vedranno delle belle: porte sbattute in faccia, melliflui abboccamenti, ricatti mascherati, onorevoli compravendite, convergenze improvvisate. Qui ci si offre per uno strapuntino nel Palazzo, là si tradiscono rappori di una vita. In fondo è normale anche che Berlusconi mendichi la fiducia perfino all’ultimo dei peones, come nemmeno il Prodi al capezzale del suo governo agonizzante. Ed è normale anche che chi è maggiormante impegnato a fargli le scarpe, usi gli stessi metodi, magari un attimo dopo averglieli rinfacciati. Non è forse il caso di Bocchino, impegnato a organizzare il grande salto in Fli dell’ex commissario della Croce Rossa Maurizio Scelli? Che, per ora, tergiversa, ma fa sapere pubblicamente dell’abboccamento, contando in un rilancio di Berlusconi. Funziona così in ogni trattativa che si rispetti.

Scelli, intervistato da Antonello Caporale su Repubblica, confida la sua delusione, la sua amarezza per il modo con cui è stato messo da parte. “Sono una Ferrari e mi tengono in garage”. Una Ferrari: Scelli non si capacita cioè, di come uno come lui, che ha salvato vite umane, che ha dato lustro all’Italia in Iraq, che era al centro dell’attenzione mediatica, per cui per ogni foglia caduta veniva sollecitato il suo autorevole parere, ebbene un tale fenomeno, Berlusconi che fa, lo lascia marcire in panchina? Allora meglio ascoltare le sirene finiane. Sentitelo: “Ero a Baghdad a difendere l’onore dell’Italia (e di Berlusconi) davanti ai kalasnhikov a riportare il povero Quattrocchi in patria, a concedere umanità, protezione, soccorso, aiuto. Qualunque cosa dicessi o facessi era analizzata, riportata, comunicata. Diciamolo: ero al centro dell’attenzione. Non è vanto, raccolgo solo il grumo di verità, il segno di una storia”. Certo, c’è anche il flop della manifestazione organizzata per Berlusconi, ma quello è solo un incidente di percorso, il Nostro sa smuovere le montagne e mobilitare le folle.

Inutile tentare di consolarlo, si sente “rottamato”. “Sono senza ruolo, senza rapporti, senza un saluto. È incredibile, ingiusto, quasi impossibile. Vedo vagare fantasmi”. Ma poi, una fiaccola di speranza, una ciambella di lusso, forse intravede una luce in fondo al tunnel, basta nominare la Protezione Civile. Quello è il sogno, il posto di Bertolaso. Che poi sia Fini a prometterglielo o Berlusconi a ripagarlo in fondo non conta più di tanto. La mistica dell’uomo del fare (come gli pare) ha spezzato da un pezzo le catene delle ideologie.

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luiss_smorgana