Il presidente del Senato Renato Schifani ritiene che ci sia la possibilità di rivedere il caso dell’elezione del senatore Nicola Di Girolamo. Ne parla in una lettera inviata al presidente per la giunta delle immunità, Marco Follini. «È possibile – scrive Schifani – che la richiesta di autorizzazione contenga nuovi e rilevanti elementi tali da inquadrare in una prospettiva diversa l’intera vicenda dell’elezione del senatore Di Girolamo. La invito quindi a sottoporre all’ufficio di presidenza della giunta l’eventualità di riprendere sollecitamente l’esame della questione relativa alla contestazione e alla proposta di annullamento di tale elezione affinché della questione stessa possa essere investita l’assemblea già nel corso della prossima settimana».
Per l’elezione di Nicola Di Girolamo al Senato il “gruppo delinquenziale” che faceva capo all’imprenditore romano Gennaro Mokbel sostenne un “ingente investimento economico”. Fondi utilizzati anche per “la spedizione di 1.601.100 lettere contenenti fogliettini pubblicitari che invitavano a votare” per lui. È quanto emerge dalla cospicua ordinanza del gip di Roma Aldo Morgigni, che dà conto come spesso lo stesso Mokbel con i suoi sodali “rammentino” al senatore “i soldi spesi per la sua candidatura dal capo”.
«Tutta la vicenda relativa all’elezione di Di Girolamo – si legge ancora nelle carte – è frutto di attività criminosa». E «ciò che risulta determinante per la riuscita dell’operazione sono gli accordi che vengono presi con soggetti collegati direttamente (da vincoli parentali) con gruppi delinquenziali della ‘ndrangheta calabrese operante nella zona di Crotone, la famiglia Arena, e che determinano in maniera evidente la illecita raccolta di un gran numero di voti in favore del candidato tra gli emigrati calabresi».
Uno sforzo giustificato dal fatto che Di Girolamo «costituisce solo lo strumento per consentire all’intero gruppo di dare ingresso dalla porta principale nelle istituzioni dello Stato».