ddlscilipoti.jpg (clicca per vedere il documento integrale) Le conversazioni intercettate non possono costituire di per sé una prova. Ci sarà sempre bisogno di un riscontro e di una valutazione da parte del magistrato come se si trattasse di una dichiarazione accusatoria di un imputato in un reato connesso. E’ questo, in estrema sintesi, il contenuto della proposta di legge sulle intercettazioni depositata alla Camera dal deputato dei ‘Responsabili’ Domenico Scilipoti. Nel testo, infatti, Scilipoti propone di modificare l’articolo 192 del codice di procedura penale che riguarda i criteri di valutazione della prova.
In sostanza le parole intercettate non valgono così come vengono ascoltate, registrate e verbalizzate. Per poter essere promosse a prova è necessario l’intervento del magistrato che deve trovare un riscontro oggettivo a ogni parola detta.
Finora la Cassazione, ricorda Scilipoti, ha sempre sostenuto che le dichiarazioni di due persone intercettate abbiano di per sé valore ”di prova piena”, salvo ”il prudente apprezzamento del giudice”. Questo perché si ritiene che le dichiarazioni intercettate non possano essere equiparate a quelle accusatorie rese davanti all’ autorità giudiziaria. Per queste ultime, infatti, l’art.192 del Codice di procedura penale prevede che ci debbano essere sempre dei riscontri per diventare vere e proprie prove d’accusa.
La Suprema Corte, sottolinea sempre il parlamentare dei ‘Responsabili’ nella sua proposta di legge, aveva differenziato le accuse rese davanti ai magistrati dalle intercettazioni, perché le prime vengono rilasciate ”consapevolmente” e quindi ci potrebbero essere degli interessi specifici di chi rilascia la dichiarazione. Le seconde, invece, sarebbero ‘genuine’ e non mosse da ‘alcun recondito motivo’. Anche perché individuate con un atto a ‘sorpresa’: l’intercettazione ambientale.
Secondo Scilipoti, però, non è più così. ”Tale orientamento – scrive il parlamentare nella relazione – è ormai incompatibile con la diffusione del mezzo di ricerca della prova delle intercettazioni e soprattutto con la diffusa cultura di essere ascoltati”. Per Scilipoti le abitudini di ciascuno si sono modificate al punto che appare ”assai inverosimile ritenere che l’atto di indagine delle intercettazioni possa essere considerato un atto ‘a sorpresa’. Soprattutto per chi ha avuto a che fare con la giustizia”.
Nel giorno in cui Berlusconi decide di accelerare con il ddl sulle intercettazioni, Scilipoti deposita questa proposta di legge per chiedere che di fatto si modifichi l’art.192 del Codice di procedura penale sulla valutazione della prova, aggiungendo un ultimo comma: una previsione secondo la quale anche le intercettazioni dovrebbero essere trattate alla stregua delle dichiarazioni rese dal coimputato o da persona imputata in un procedimento connesso.
Il che significa che le intercettazioni così come sono non potranno piu’ avere il valore di una prova piena, ma avranno sempre bisogno di un riscontro della loro attendibilità attraverso altri elementi di prova. Le conversazioni captate, insomma, dovranno essere sottoposte alla stessa griglia di valutazione, da parte del magistrato, alla quale si ricorre in caso di dichiarazioni di imputato di reato connesso.