Venerdi 27 febbraio il governo dirĂ la sua ultima parola sugli scioperi nei servizi pubblici, in particolare nel settore trasporti. Arriva in Consiglio dei ministri la proposta del ministro del Lavoro Maurizio Sacconi. Prevede, ma forse all’ultimo momento cadrĂ per evidente impraticabilitĂ , l’adesione individuale e preventiva di ogni singolo lavoratore allo sciopero proclamato.
Una formula così rigida di fatto rende impossibile lo sciopero. Resta invece, ed è il cuore della legge, l’impossibilitĂ dell’astensione dal lavoro se questa non è proclamata dalla maggioranza dei lavoratori, maggioranza individuata tramite referendum o implicita nella circostanza che a indire lo sciopero sono sindacati rappresentativi di piĂ¹ del 50 per cento dei lavoratori.
Resta anche la possibilitĂ , se si sa se addirittura l’obbligo, dello sciopero virtuale in cui il lavoratore continua a svolgere il servizio, non percepisce la retribuzione nella giornata di sciopero e anche l’azienda paga ad un fondo una “penale” in moneta. Anche se non è definito come, la legge vieta i tradizionali “corollari” dello sciopero: picchetti, cortei, blocchi stradali.
La legge si muove dunque sul sottile confine tra la necessitĂ condivisa di impedire l’alluvione di micro agitazioni sindacali con perĂ² grande impatto sui servizi e grande danno agli utenti, e la limitazione per via di legge dello stesso diritto ed esercizio di sciopero. Alla vigilia Sacconi non nasconde la valenza politica delle sue proposte e apertamente sfida la Cgil e ogni eventuale opposizione. Epifani, segretario della Cgil, reagisce con un pubblico monito che ha il tono della minaccia. Gli altri sindacati cercano di stare in mezzo, hanno raggiunto un accordo con Sacconi ma temono ched il ministro esageri e varchi il confine.