Senatori eletti e pagati oppure no: Renzi accerchiato alle Camere

Matteo Renzi con Pietro Grasso (LaPresse)

ROMA – Nel primo giorno della “battaglia del Senato”, la riforma che abolisce il bicameralismo perfetto che sarà presentata come disegno di legge del governo, Matteo Renzi si mostra risoluto ma dovrà vedersela con un fronte ampio e trasversale di oppositori, dal presidente dei senatori Pietro Grasso a – in ultimo – Beppe Grillo. Più una folta schiera di distinguo, fra i quali il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, Renato Brunetta e Paolo Romani, avanguardie di una Forza Italia che non si vuole appiattire troppo sul premier per non perdere voti. Al fianco di Renzi in maniera esplicita c’è solo Angelino Alfano: “Noi (Ncd) non saremo sponda di alcun conservatorismo”.

Grasso dal canto suo, dopo l’intervista a Repubblica di sabato, ha detto: “Nella mia vita ho cercato di combattere contro i Golia, contro tutto quello che blocca la nostra vita”. E i Golia sono la metafora “del potente che ti vuole schiacciare”: ha detto Grasso, sottolineando di essere sempre stato del “partito”, anzi, “dalla parte di Davide”.

La scommessa e i paletti di Renzi. Intervenendo a Rtl 102.5, il presidente del Consiglio ha detto che

“O facciamo le riforme o non ha senso che gente come me sia al governo. Non ci sto a fare le riforme a metà non sto a Roma perché mi sono innamorato dei palazzi: se la classe politica dice che non bisogna cambiare, faranno a meno di me e magari saranno anche più contenti”.

Poi ha fissato i punti fermi della sua riforma del Senato

“Per ridurre il numero dei parlamentari e semplificare il quadro, facciamo un Senato in cui, senza indennità, siedano sindaci e presidenti di Regione. I paletti fondamentali sono: senatori gratis, che non votino più la fiducia, che non votino il bilancio e soprattutto che il Senato non sia eletto, perchè noi in Italia abbiamo il numero di parlamentari più alto d’Europa, anzi più alto addirittura degli Usa. Diamoci una regolata”.

In sintonia il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, che ricorda che alle primarie del Pd “il 70% del partito ha scelto questo modello che è stato poi confermato dalla direzione, in segreteria e dai gruppi parlamentari”. Sostenendo quindi che si tratta di un “percorso condiviso; i tempi sono maturi e ora bisogna avere il coraggio di fare le scelte”.

Da parte di Berlusconi parole che non sembrano un appoggio pieno:

“Noi rispetteremo fino in fondo gli accordi che abbiamo sottoscritto e siamo pronti a discutere tutto nel dettaglio, senza accettare testi preconfezionati, ma lavorando insieme per costruire le riforme migliori per il Paese”, scrive Silvio Berlusconi avvertendo Renzi di essere “coerente” e di accelerare sulla legge elettorale. “L’accordo che abbiamo sottoscritto è il patto fra due leader interessati a rinnovare in profondità il Paese, a rendere più sicura e forte la nostra democrazia e meno precarie le libertà civili e repubblicane”.

Berlusconi lascia fare il lavoro sporco a Brunetta e Romani, che dichiarano:

“la prima riforma da realizzare per mettere in sicurezza il funzionamento istituzionale è la riforma elettorale”. La risposta della Boschi è immediata: “Non sono preoccupata, credo che troveremo con Forza Italia un accordo anche su questo” e “che prima faremo la riforma del Senato e poi quella della legge elettorale”. Brunetta però non molla e su twitter insiste: “Mi dispiace caro ministro Boschi, ma non ci stiamo più con i giochi di parole. Prima l’Italicum e poi le altre riforme. Game over”.

Qualche “distinguo” Renzi dovrà affrontarlo già in Consiglio dei ministri: il responsabile dell’Istruzione, Stefania Giannini, a Radio Città Futura ha invitato il premier a non avere fretta sottolineando la necessità di

“qualche momento di riflessione e maturazione in più”. Perché, osserva, se il metodo della “rapidità” che contraddistingue il premier “diventa anche l’obiettivo, può rivelarsi pericoloso”. E Giannini mette in evidenza anche il fatto che “è un po’ inconsueto che sia il governo a presentare una proposta di legge su questo tema, serve che il Parlamento ne discuta per ritoccare e migliorare alcuni aspetti”.

Anche il presidente della Camera, Laura Boldrini, sottolinea l’importanza “che vi sia un dibattito” perché “è giusto affrontare questo tema con tutti, anche se – precisa – io non voglio entrare nel merito”.

In questa che presenta come una battaglia “anticasta” Renzi non potrà contare su Grillo, che sul suo blog ha scritto

“Renzie ha detto che “troppa gente vive di politica”. Una frase buttata là per perorare il taglio incostituzionale del Senato. Da sempre intruppato nella Dc di Andreotti e di De Mita e votato al carrierismo politico. Di cosa ha vissuto fino ad oggi Renzie se non di soldi pubblici? Prima degli altri, tagli sé stesso e abbia più pudore”, scrive Grillo aggiungendo due vecchie foto di Renzi con i due ex presidenti del Consiglio. “Questo contaballe a progetto assunto per fare campagna elettorale per le europee dal trio BerNapDebe, ha la faccia come il culo. Il primo a vivere di politica è proprio lui, Renzie, Presidente della Provincia di Firenze dal giugno 2004 al giugno 2009 (ma non era quello che le Province le voleva abolire?), sindaco di Firenze dal 2009 ad oggi (il primo sindaco televisivo d’Italia, ha passato più tempo in tv che in consiglio comunale). Da sempre intruppato nella Democrazia Cristiana di Andreotti e di De Mita e votato al carrierismo politico. Di cosa ha vissuto fino ad oggi Renzie se non di soldi pubblici? Prima degli altri, tagli sè stesso e abbia più pudore”, conclude il leader del M5S.

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