Dalle colonne dell’Espresso arriva un attacco a Renato Schifani, presidente del Senato. Il settimanale tira in ballo il pentito Gaspare Spatuzza secondo cui la seconda carica dello Stato faceva da tramite tra i Graviano e Silvio Berlusconi.
«L’ex boss del quartiere Brancaccio lo scorso ottobre si è aperto con i magistrati di Firenze ed ha sostenuto, durante un interrogatorio, che l’attuale seconda carica dello Stato nei primi anni Novanta avrebbe avuto un ruolo nel mettere in contatto i mafiosi stragisti Giuseppe e Filippo Graviano con Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi», scrive il giornalista Lirio Abbate.
Vengono a galla «spettri» e «ombre inquietanti» nel passato di Schifani. Spatuzza avrebbe raccontato le sue indiscrezioni nell’ottobre scorso davanti ai giudici di Firenze. Poi però i magistrati avrebbero girato il fascicolo alla procura di Palermo per competenza.
E in quelle deposizioni Spatuzza parla di Giuseppe Graviano, il boss che nel 1993 dopo le stragi di mafia avrebbe detto proprio al pentito: «Ci siamo messi il Paese nelle mani», secondo l’Espresso grazie a «Berlusconi e Dell’Utri che stavano per entrare in politica».
A settembre i magistrati siciliani interrogheranno Spatuzza, secondo quanto scrive l’Epresso, per fare luce sulle dichiarazioni del pentito contro il presidente del Senato.
E se nel 2002 il giudice per le indagini preliminari di Palermo ha deciso su Schifani un’archiviazione per concorso esterno in associazione mafiosa il settimanale scrive che «un procedimento che può essere riaperto solo con l’arrivo di nuovi elementi d’accusa».
Quindi i magistrati sarebbero al lavoro e il procuratore Francesco Messineo ha già dato l’incarico agli aggiunti Antonio Ingroia e Ignazio De Francisci e ai sostituti Nino Di Matteo e Paolo Guido. Tra le persone da sentire spuntano i nomi di Francesco Campanella, politico di Villabate, alle porte di Palermo (vicino a Clemente Mastella), «che fece arrivare a Bernardo Provenzano la falsa carta d’identità per il ricovero a Marsiglia».
Poi ci sarebbe anche un imprenditore condannato per riciclaggio che secondo l’Espresso dovrebbe essere chiamato dai giudici. L’uomo «aveva nominato il presidente del Senato nel consiglio di amministrazione di una sua società, secondo Schifani a sua insaputa».
E se negli anni in questione Schifani era spesso a Milano come avvocato, «veniva chiamato “il contabile” da Berlusconi». Nel passato del presidente del Senato però c’è anche la difesa di uomini di mafia: «Tra i suoi assistiti si ricordano alcuni dei nomi di peso di Cosa nostra dell’epoca, come Giovanni Bontate, fratello di Stefano. Ossia fratello del capomafia al quale Berlusconi negli anni Settanta avrebbe chiesto protezione contro i rapimenti durante un incontro a Milano».