“Quel che ha detto Calderoli sugli stipendi dei calciatori è una stupidaggine: senza le star gli stadi sarebbero vuoti e saremmo tutti più poveri, il merito va pagato e di questa classe politica francamente me ne frego”. Chi l’ha detto la mattina del 7 luglio 2010, alla vigilia della partenza per i Mondiali e in piena stagione di calcio mercato e annessi rinnovi contrattuali e/o trasferimenti? Gilardino, Borriello, De Rossi? Cannavaro no, lui ha già risolto emigrando la prossima stagione a Dubai. Allora Pepe che sta trattando le ultime cifre con la Juventus? No, l’appassionata difesa del ruolo sociale ed economico delle “star” l’ha gridata in conferenza stampa Michele Santoro. Il collegamento, l’analogia tra “star” del pallone e della conduzione televisiva l’ha tracciato lui, di suo pugno e pensiero. Quindi collegare le due vicende e la doppia chiacchiera, quella sui soldi ai calciatori e quella sui contratti dei conduttori Rai non è malevola e invidiosa forzatura, è pura cronaca. Per di più istruttiva e illuminante.
Ripartiamo da Calderoli, ministro importante e loquace. Era stato il primo ad annunciare “sacrifici per tutti” e “robusto taglio” ai soldi della e per la politica. Di tanta intenzione è rimasto un taglio del dieci per cento ai rimborsi elettorali che i partiti percepiscono dallo Stato. Dieci per cento tra tre anni. E’ rimasta anche la “notizia” del taglio del dieci per cento agli stipendi dei parlamentari. Rimasta la notizia ma il provvedimento non è stato ancora scritto nero su bianco da nessuna parte. Verrà, con comodo e calma. Rimasta anche la notizia della diminuizione degli emolumenti per consiglieri comunali e circoscrizionali. Notizia anche questa non ancora operativa ma già capace di suscitare accorati appelli “bipartisan”, cioè di consiglierti di tutte le liste, a lasciar perdere. Pena la perdita di autonomia della politica. Lo stesso argomento usato dai magistrati, dai medici, dai veterinari, dagli insegnanti, perfino dagli oncologi. Se la “notizia” di tagli e stipendi congelati diventa realtà, allora svanisce, si ferisce e si uccide “l’autonomia” della giustizia, della salute, della medicina anti cancro, della scuola, delle farmacie…Guai a mettere in sofferenza in qualunque luogo “l’autonomia”, qualunque cosa significhi in qualunque luogo. Dunque i “sacrifici per tutti” annunciati da Calderoli si stanno trasformando in “sacrifici per chi non ce la fa a scansarli”. I politici li hanno quasi scansati, gli altri ci provano.
Allora Calderoli ne ha pensate un altro paio per raddrizzare l’umore al paese renitente alla dimunuzione della spesa pubblica. Primo: gridare che i calciatori guadagnano troppo e sono troppo pagati dai presidenti di società “petrolieri” cui lo Stato regala soldi. Secondo: gridare che in Rai si guadagna troppo. Le risposte che Calderoli ha ottenuto sono in sequenza: i soldi degli Azzurri in Sudafrica, il premio se vincono, 250mila euro lordi a testa, non li paga lo Stato ma l’Uefa. I soldi ai calciatori in Italia sono quelli che sono e Calderoli parla così perchè ce l’ha con l’Inter. Infine: Calderoli fa “demagogia”, cioè racconta qualcosa per lisciare il pelo alla chiacchiera popolare. E non c’ è dubbio che sia “demagogia”: Calderoli confonde e mischia premi e stipendi, Club calcistici e nazionale, stipendi dei dipendenti Rai e contratti dei conduttori. Ma basta dire che è “demagogia” per sostenere che tutto va bene così come va? No, non basta. Contrariamente a quanto pensa e dice Santoro, i soldi ai calciatori non vengono dagli incassi ai bottegni dello stadio, vengono dalle televisioni che pagano i diritti e dalle società di calcio che regolarmente li spendono prima di incassarli. Non c’è una ragione “industriale” per pagare un calciatore cinque, sette, dieci milioni l’anno. Infatti l’industria del calcio non è florida e in attivo ma in rosso anzi in bancarotta. E analogamente non c’è una ragione “industriale” per molti compensi televisivi, la Rai ad esempio è in clamoroso deficit.
Se sono “demagogiche” le sparate di Calderoli, sono truccate e incomplete le argomentazioni dei conduttori, Santoro compreso. Dicono che è “il mercato” a stabilire quanto valgono e quanto guadagnano. Giusto, ma “il mercato” vorrebbe che un conduttore Rai avesse contratti ben pagati però a tempo. Cos’ si fa nelle aziende che “stanno sul mercato”. Perchè la Rai non fa così? Il “trucco” consiste nell’invocare e giustamente pretendere le garanzie che si danno ad un lavoratore dipendente e insieme la retribuzione di mercato del manager. Se Santoro e gli altri fossero pagati un milione l’anno e anche più con contratti a scadenza allora la quadriglia del “Vado, anzi resto, anzi rivado” non avrebbe senso. Santoro giustamente non guadagna come un normale giornalista Rai, il “mercato” ne ha fatto un conduttore di show politici. I suoi soldi sono sacrosanti, ma perchè anche eterni? Altro “trucco”, alimentato dalla magistratura del lavoro: è ingiusto rimuovere da un incarico per motivi “politici”. Ma era “giusta” l’assegnazione di quell’incarico per motivi “politici”? Tutte le direzioni, conduzioni e tutti gli incarichi Rai hanno il “peccato originale” della genesi politica. Se la scelta politica è “peccato”, allora annullarle tutte oppure confermarle tutte a vita? Insomma gudagnare bene e tanto si può e si deve. Ma con quegli stipendi e quegli incarichi non si dovrebbe e potrebbe essere “protetti” come un semplice impiegato o redattore. Tanto per non andar lontani, i direttori dei giornali hanno contratti che dopo qualche anno scadono e per questo, anche per questo, sono molto pagati.
Santoro gioca due parti in commedia, quella della “star” e quella dello stipendiato. Più o meno come fanno i calciatori che esigono il rispetto dei contratti che sono i primi a non rispettare. Vogliono essere “salariati” nella normativa e “star” nella retribuzione. Non è elegante, è “demagogia”, simmetrica a quella di Calderoli. E’ l’Italia che è fatta così. Nelle stesse ore il premier inglese Cameron annuncia ai suoi concittadini che gli interessi sul debito pubblico stanno strozzando il paese, quindi “La Gran Bretagna non potrà più vivere come prima”. E la cancelliera tedesca Merkel annuncia una manovra da 80 miliardi di minor spesa pubblica in quattro anni, tre volte quella italiana di Tremonti. Non risultano nè in Gran Bretagna nè in Germania dibattiti sugli stipendi dei calciatori o sui compensi alla Bbc e alla tv tedesca. E neanche appelli e allarmi sull’ompossibilità di combattere il cancro a Londra e Berlino. Forse sono paesi, popoli, gente e opinioni pubbliche ottuse e distratte. Poveri di spirito che vivono senza il sale della demagogia sulla loro pietanza quotidiana. Noi invece non ci facciamo mancare nulla, nè Calderoli e neanche Santoro. Infatti il parere sui tagli alla spesa lo abbiamo chiesto a Buffon, quello sull’ordine pubblico a De Rossi, quello sulla camorra a Borriello. Ha ragione Santoro, ogni giorno vede stampata a grandi caratteri la sua “stupidaggine demagogica”. Compresa la sua quando vuole, esige e proclama che il presidente della Rai lo deve pubblicamente implorare a “restare”. Garimberti lo ha già fatto almeno tre volte. Allora a che serve la quarta, forse a sciogliere Santoro dal vincolo di “esclusiva” con la Rai qualora dovesse percepire la giusta liquidazione e con la Rai dovesse avere serie e massicce collaborazioni garantite? No, ilo solo pensarlo è “demagogia”, demagogia in un paese in cui, come si è visto, demagogia non esiste e non circola.