Per prima cosa vengono le tasse di cui si vive o si muore. Il presidenzialismo viene dopo, fa confusione e comunque non si mangia: così può essere “tradotto”, senza tradirne la sostanza, quel che ha detto a Verona il capo dello Stato Giorgio Napolitano. Per prima cosa viene invece il presidente forte, anzi fortissimo, da eleggere in un colpo solo elettorale insieme al Parlamento, un presidente che non deve essere “bilanciato” proprio da nulla, tanto meno da una nuova legge elettorale che consenta un Parlamento diverso da quello nominato in blocco con il premier, il leader, il capo. Così invece può essere “tradotto”, sempre nella massima fedeltà, quanto detto da Silvio Berlusconi a Parigi.
Di “traduzioni” c’è grande bisogno perché i fatti della storia sono come le lettere dall’alfabeto, in fondo sempre le stesse, ma capaci di combinarsi in migliaia di modi, fino a diventare un numero infinito di parole e di frasi, cioè la “lingua” che la storia parla. Lingua che tutti possono e devono intendere perché i fatti di cui parla tutti riguardano da vicino. Ma bisogna saper “leggere” per decrittare l’alfabeto. Qualche “traduzione” aiuterà non poco.
Come si “traduce” la chiacchiera su “presidenzialismo alla francese”, “premierato alla tedesca”, “presidenzialismo all’americana” che sembra parlata in una lingua morta e muta per la gente comune? Si traduce così: se un paese elegge un capo dello Stato o del governo per via “diretta”, cioè con le schede elettorali dandogli in questo modo il massimo dei poteri e contemporaneamente la maggioranza dei seggi in Parlamento va al gruppo dei partiti che raccoglie la maggioranza relativa dei voti, mettiamo anche il quaranta per cento abbondante dei voti, allora non è la Francia e non sono neanche gli Usa, è la Russia di Putin. Un sistema dove Stato, governo, partito di maggioranza e istituzioni sono la stessa cosa, anzi la stessa persona.
In Francia hanno un presidente della Repubblica eletto dal popolo ma hanno anche il “doppio turno” elettorale, che non è un disturbo all’elettore chiamato ad andare a votare due volte. E’ invece quel meccanismo per cui l’elettorato può scegliere e cambiare la maggioranza parlamentare anche durante il mandato del capo dello Stato “forte”. E’ un contrappeso, porta vantaggi e svantaggi ma fa “equilibrio” con il mandato diretto conferito al “Capo”. In Germania il Cancelliere è un premier “forte”, ha notevoli poteri e si vota una volta sola. Ma non come si vota in Italia: si vota con una legge proporzionale “corretta”. I partiti che restano sotto il cinque per cento non hanno seggi in Parlamento, quindi pochi partiti. Ma il partito del premier, del presidente e del capo non fa l’asso pigliatutto con il premio di maggioranza. Negli Usa, Stato federale, il presidente eletto una volta eletto è controllato, spesso avversato dal Congresso, cioè dal Parlamento. Non è un difetto, la Costituzione americana vuole proprio così. Quindi la “traduzione” finale è: non si può avere insieme un Presidente eletto e forte, uno Stato federale, un Parlamento di fatto nominato dai partiti, il partito più forte che si prende tutto e un sistema di garanzie democratiche. Bisogna combinare, scegliere, rinunciare.
E come si traduce Napolitano esplicitamente “federalista” sul fisco e scettico sul presidenzialismo? Si traduce con la percezione di Napolitano che il federalismo fiscale si può tentare senza spaccare il paese mentre il presidenzialismo alla Berlusconi lo collocherà su due opposte barricate.
Altra “traduzione”: che vuol dire l’annuncio negato di una “manovra” finanziaria da cinque miliardi a giugno? Manovra negata da Tremonti prima e Berlusconi poi. Ma Tremonti ha detto confermo il “rientro” dello 0,5 del Pil entro il 2011. Che sono queste cifre, come ci riguardano e ci “parlano”? Stavolta la “traduzione” la affidiamo a Jacques Attali, l’economista francese che ha collaborato con Mitterrand e Sarkozy. Traduzione chiara perché Attali parla chiaro: “Molte banche continuano ad essere insolventi, i prodotti speculativi più rischiosi si accumulano come e più di prima, i disavanzi pubblici sono ormai fuori controllo, il livello della produzione e il valore dei patrimoni restano in grandissima parte inferiori a quelli precedenti la crisi. La causa prima e vera di tutto questo è l’impossibilità per l’Occidente di mantenere il suo tenore di vita senza indebitarsi…temo il ritorno dell’iper inflazione, la possibile esplosione della bolla cinese…il sistema pubblico della Sanità e dell’Istruzione, per come l’abbiamo conosciuto finora, diventerà insostenibile per gli Stati. Il nostro stile di vita sempre più precario e meno solidale. Chi vorrà sopravvivere dovrà accettare il fatto di non doversi più attendere nulla da nessuno. Andiamo verso un mondo che assomiglia al Medioevo…Come nel Quattrocento il potere sarà concentrato in alcune città e corporazioni…Di fronte a una simile crisi la maggioranza degli individui comincia con il negare la realtà, purtroppo questo meccanismo si applica perfettamente anche alle imprese, alle nazioni, ai governi…”.
Capito che vuol dire “rientrare dal debito”, a giugno con cinque miliardi o a gennaio 2011 con nove? Capito che è solo l’inizio, inizio e processo da cui non potrà salvarci ed esimerci nessun Berlusconi, nessuna Lega, nessuna sinistra? Capito che è già vita vissuta e non teoria? Se le carte di credito revolving finiscono sotto inchiesta e praticano tassi da usura, capito che non è che sono tutti ladri ma è che l’intero meccanismo dell’arricchimento è fondato sul debito, debito alla lunga insostenibile? Insostenibile per i lavoratori dipendenti che dal ’93 al 2008 hanno visto il loro reddito reale crescere solo del 4 per cento. Ma alla lunga anche per quelle quattro milioni di famiglie italiane, un milione e duecentomila di dirigenti, un milione e settecentomila di commercianti e un milione e quattrocentomila di professionisti, che nello stesso periodo hanno accresciuto il loro reddito del 25 per cento. Insostenibile a meno che, per citare ancota Attali, “I ricchi non si rifugino in moderne fortezze”.
E infine l’ultima “traduzione”: quei 500 e passa sindaci lombardi in marcia contro… “Contro l’Europa” ha detto Bossi. “Contro i tagli” hanno scritto sbagliando i giornali. “Non contro il governo” hanno detto loro. Contro cosa allora visto che erano sindaci leghisti, di destra e di sinistra? Sono sindaci di Comuni “virtuosi”, che hanno soldi in cassa e non sprecano. Sindaci che vogliono spendere soldi “loro”. Ma quei soldi sono anche pubblici. Se li spendono aumenta la spesa pubblica, quella di Tremonti, quella italiana. E, se aumenta la spesa nazionale, sale il debito nazionale dal momento che la nazione complessivamente spende più di quanto incassa. Dicono quei sindaci che sono soldi “loro”, che “loro” non fanno debito. Vero, loro no, ma l’Italia sì. Capito che quel corteo, quei sindaci contro sono la prima traduzione e parabola dell’altra faccia della medaglia, del lato oscuro del federalismo?