Tomaso di Cuddia al Fatto: “Da 20 anni il tumore sono Ligresti e i La Russa”

Ignazio La Russa fa la linguaccia a New York

ROMA – Che succede nel Pdl? Dove nasce la questione morale che la riguarda, esplosa in tutta la sua gravità con l’arresto dell’assessore nella giunta regionale lombarda Zambetti, ultimo di una serie di scandali che da Formigoni a Fiorito coinvolge tutte le anime del partito, dai ciellini agli ex An fino alle infiltrazioni mafiose e ‘ndranghetiste? E’ difficile credere in tutto e per tutto alla diagnosi spietata che ne fa il Barone Nero, Tomaso Staiti di Cuddia, ottant’ani e missino di lungo corso, intervistato da Gianni Barbacetto e Silvia Truzzi per Il Fatto. Difficile, però, anche ignorare i tanti piccoli ritratti con i quali descrive trent’anni di potere a destra, da Formigoni a Santanché, dal berlusconismo trionfante al Dell’Utri sotterraneo, fino al rapporto speciale tra i La Russa e i Ligresti, di cui Cuddia sembra un conoscitore tanto da avervi dedicato altre puntate.

Il rapporto La Russa-Ligresti è un intreccio di famiglie, politica e affari pluridecennale secondo la versione di Cuddia. Ma il “tumore” che si insinuò nel corpo del Movimento Sociale cominciò con una riunione in un albergo di Taormina e con un’assunzione. Rivela Cuddia: “La decisione di far diventare Gianfranco Fini segretario, per esempio, fu presa a Taormina in un albergo di Salvatore Ligresti, presenti il senatore Antonino La Russa, suo figlio Ignazio, Giorgio Almirante e Pinuccio Tatarella. Quando poi i figli adottivi di Almirante fallirono con la concessionaria di auto Lancia a Roma, furono salvati da Ligresti, che diede loro un’agenzia della Sai. Il male affonda lì. Sono moralista? Magari sì, ma a Milano, per vent’anni, tutto un mondo è stato nelle mani della famiglia La Russa: da Michelangelo Virgillito a Raffaele Ursini, fino a Ligresti”.

La Russa Ignazio, sempre secondo Cuddia, avrebbe anche fatto un patto “politico-commercial-mondano”con Daniela Santanché: lui le aprì le porte della Provincia, lei quelle dei salotti, da quelli di Cortina e della Sardegna a quelli televisivi. Incidentalmente, registriamo la filosofia che secondo Cuddia informa la cultura del Pdl: “E’ la politica dell’sms, soldi, mignotte, salotti tv”. Meno importante sotto il profilo del costume, la notazione su una vicenda che è finita sotto il mirino della magistratura per le infiltrazioni mafiose al Comune di Milano e i presunti soldi pagati alle cosche calabresi per farsi eleggere. La sua è una testimonianza di prima mano, avendo aiutato Barbara Ciabò (Lista Fini), la quale le confidò: “Vedrai, non ce la farò perché Sara Giudice ha 3/400 voti di case popolari abitate da calabresi”.

Ce n’è per tutti, Cuddia non salva nessuno. Dell’Utri? “Filippo Rapisarda mi raccontò che Dell’Utr aveva fatto arrivare a Berlusconi i soldi della mafia”. Formigoni?: “Lui è l’espressione di quella che io chiamo associazione per delinquere di stampo cattolico”. Berlusconi? “Ha creato danni irreparabili: la modificazione antropologica  della società attraverso le tv e inquinamento della politica con la dimostrazione che si può fare tutto impunemente. Ha portato nel partito frotte di impresentabili”.

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Warsamé Dini Casali