Torino apre gli asili ai figli degli immigrati clandestini, in barba al decreto sicurezza varato la scorsa estate, ed è polemica politica.
«L’amministrazione comunale vanifica il duro lavoro del ministro Maroni per il contrasto dell’immigrazione clandestina», attacca la Lega Nord.
«Prendersela con i bambini piccoli – replica l’assessore comunale alle Risorse educative, Beppe Borgogno – non è certo un modo per combattere la clandestinità».
Un primo round nella battaglia tra Torino e governo si era già disputato la scorsa estate, nei giorni dell’approvazione del decreto Maroni. In una lettera inviata al governo, l’assessore Borgogno comunicava la decisione dell’amministrazione – come ricorda la Repubblica in un servizio sulle pagine locali di oggi – “di procedere secondo le forme e i modi fino ad ora adottati”.
Da Roma nessuna risposta e così, visto che nel mese di febbraio si sono chiuse le pre-iscrizioni, è partita una seconda lettera. E il tema è tornato d’attualità in concomitanza con le critiche dell’Alto commissario Onu per i diritti umani Navi Pillay, in questi giorni in Italia, al pacchetto sicurezza.
La paura di essere denunciati, secondo un primo esame delle pre-iscrizioni, ha determinato un calo delle iscrizioni di bambini di famiglie extracomunitarie alle materne torinesi. Ma la posizione, sotto la Mole, non è cambiata: tutti ammessi, perché il diritto dei più piccoli all’educazione e all’istruzione è considerato “sacrosanto”.
«Mi rifiuto di pensare – sottolinea Borgogno – che per combattere la clandestinità sia necessario impedire ai bambini dai 3 ai 6 anni di andare a scuola. Nel decreto Maroni – spiega – c’é una norma che consente ai figli di cittadini irregolari di essere iscritti alla scuola dell’obbligo. Noi ci siamo limitati a interpretare questa norma in modo estensivo, cioé a considerare scuola dell’obbligo anche la materna, che è propedeutica alla primaria».
La Lega Nord non ci sta: «È una decisione che ha dell’inverosimile», sostiene Mario Carossa, capogruppo del Carroccio al Comune di Torino. «Non possiamo più tollerare che siano sempre privilegiati gli altri – aggiunge il leghista – e che i piemontesi siano sempre al fondo della classifica delle priorità della sinistra».
Da quest’orecchio, però, il Comune non ci sente. E tira dritto per la sua strada: «I diritti dei bambini vengono prima di tutto, utilizzarli a scopo elettorale è la cosa peggiore che si possa fare», precisa Borgogno.
E, in attesa di conoscere la risposta del governo, incassa la solidarietà dei radicali: Per Igor Boni e Domenico Massano quella dell’amministrazione torinese è una “scelta seria contro la discriminazione e per l’integrazione”.