ROMA – ''I pubblici ministeri giudicano inverosimile il mio racconto e ipotizzano che abbia qualcosa da nascondere. Ma io non ho segreti, se ne avessi li avrei gia' svelati, in mezzo a tanti che ritrovano la memoria dopo diciassette o diciotto anni, non sfigurerei di certo''. Ad affermarlo e' Nicola Mancino, ex presidente del Senato, in un'intervista al Corriere della Sera. Mancino ribadisce di non ricordare di aver mai incontrato il giudice Paolo Borsellino, ne' alla sua cerimonia di insediamento come ministro dell'Interno, ne' in altre occasioni.
''Nessuno mi indico' quel magistrato come Borsellino – prosegue Mancino – ne' lui mi ha chiesto un colloquio piu' approfondito''.
''Borsellino non mi ha mai cercato – sottolinea l'ex vicepresidente del Csm – . Tantomento per dirmi che aveva intuito l'esistenza di una trattativa''.
''Io penso di essere stato usato e venduto – aggiunge – . Evidentemente qualcuno ha fatto il mio nome a Vito Ciancimino, politicamente distante mille miglia da me e poi il nome e' arrivato a Riina. Aspetto di sapere come e perche' s'e' realizzato questo millantato credito. Purtroppo Ciancimino e' morto e il figlio e' giudicato inattendibile dagli stessi magistrati di Caltanissetta''. L'ex presidente di Palazzo Madama preferisce ''passare per un ingenuo e magari un fesso ma non come un furbo, uno che nasconde la verita'''.