Silvio Berlusconi non c’è, perchè è impegnato in una missione all’estero. Quello che conta, però, è che ci sia lui, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Il Consiglio dei ministri svoltosi il 30 giugno può infatti essere uno dei più importanti di tutta la legislatura. Perchè Tremonti è arrivato all’appuntamento con i numeri del federalismo nella borsa. E da quei numeri, probabilmente, dipende il futuro del Governo.
Subito dopo il consiglio dei ministri il ministro Umberto Bossi ha spiegato con fare vittorioso: “Oggi è stato fatto un passo importante, dopo il federalismo demaniale il prossimo passo sarà il federalismo municipale, si tratta di dare ai comuni, per adesso perché poi toccherà anche a regioni e province, un processo di finanza propria che si basa sul fatto che i comuni avranno tutte le tasse che riguardano gli immobili”.
”Siamo il paese con il debito pubblico più alto ed è il momento per cambiare e il federalismo fiscale serve per cambiare dalla finanza derivata dove lo Stato incassa tutte le tasse agli enti locali”, ha proseguito Bossi.
A questo punto prende la parola il ministro dell’Economia Giulio Tremonti: ”La prima casa resterà esente dall’imposta. La cedolare secca sugli affitti è nel nostro programma e questo è il posto giusto. Abbiamo avviato la simulazione su Provincie e Comuni, sulle Regioni non siamo pronti a dire cosa dare di fiscalità propria, lo sapremo a luglio. Ricordatevi che il vero ministro per il Federalismo è Bossi, non Brancher”.
”L’evoluzione del sistema di finanza pubblica italiana si presenta come un albero storto”. Tremonti cita ”due passaggi fondamentali: la quasi totale centralizzazione della finanza pubblica, fatta al principio degli anni ’70 e il decentramento-federalismo introdotto tra il 1997 e il 2001”. ”E’ così che l’albero è cresciuto storto”, ha rilevato ancora il ministro.
”E’ fondamentale passare dai costi storici ai costi standard”. Questo verrà fatto non penalizzando nessuno perchè gli standard verranno definiti in base alle pratiche migliori delle regioni”, ha continuato Tremonti.
Il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli si è limitato invece a plaudire Bossi e Tremonti prima di promuovere il federalismo fiscale come una pubblicità: “Non costa, unisce e garantisce i diritti”.
Del federalismo si parla da mesi; la Lega lo sventola come panacea, arma magica in grado di cancellare tutti gli sprechi e le inefficienze del Governo centrale. Solo di una cosa il Governo ha parlato pochissimo: n0n ha detto agli italiani quanto costa. Perchè non si sa, almeno fino a stasera. Le perplessità sull’operazione la aveva esternata qualche mese fa il finiano Italo Bocchino in una lunga intervista a BlitzQuotidiano: “La verità è che al momento ancora non si sa quale siano i conti del federalismo,sia perché è difficile fare i conti, sia perché sospetto che al dunque i costi rischiano di risultare insostenibili. Non è una certezza, ma un rischio sì”.
Alla relazione, oltre ha Tremonti, ha lavorato il ministro per la Semplificazione normativa, Roberto Calderoli. Il documento, dopo la relazione, verrà trasmesso alle Camere per rispettare il termine del 30 giugno previsto dalla legge delega. La relazione è il primo passo per aprire la strada ai decreti attuativi che il governo si è impegnato a presentare a breve e che riguarderanno l’introduzione dei costi standard per le regioni, l’adozione di fabbisogni standard per comuni e province, l’autonomia impositiva delle Regioni, delle Province e dei Comuni.
Finora, la Lega e lo stesso Tremonti hanno assicurato che si tratta di un’operazione a costo zero e che, addirittura, porterà lo Stato a risparmiare da subito. Che sia ottimismo ideologico o verità, però, non è ancora dato saperlo. Di sicuro c’è che Confindustria non si allinea alle previsioni del costo zero. Al contrario, solo qualche giorno fa, un’analisi del Sole 24 Ore parlava di un costo iniziale da brivido: 133 miliardi per realizzare l’impresa nei tre settori fondamentali, ovvero sanità, istruzione e assistenza sociale.
In serata, a meno di sorprese, ne sapremo di più a patto che Tremonti accetti di “dare i numeri”. Sempre il Sole, infatti, ipotizza che il contenuto della cartellina del ministro dell’Economia possa essere decisamente meno “magico” e accattivante. Niente cifre ma solo un elenco di metodologie e i percorsi da seguire affinché il federalismo si traduca in minori costi. I conti, insomma, rischiano di essere più difficili del previsto.