ROMA – Umberto Bossi che scrive poesie. Forse impensabile. Eppure il “rude” senatur ha tenuto nel suo cassetto, per decenni, una raccolta di poesie in dialetto lumbard cariche di sentimento, di dolore, di vita, di morte. Versi intensi che hanno attirato l’attenzione di Radio Radicale che ha voluto proporre sul suo sito i testi di quelle poesie, con una intervista allo stesso Bossi che spiega in quale contesto sono nati quei versi molti dei quali dedicati all’impegno sociale delle donne.
Così in una poesia, “Sciopero alla Bassetti”, (“Ai capi è ritornata su la voce: “Fate andare i telai, disgraziati…”) ricorda la nonna Celeste socialista e sindacalista che nascondeva la foto di Matteotti dietro un quadro e che, scoperta dai fascisti, è stata da loro torturata fino a fratturarle entrambe le ginocchia.
Indelebile nella sua memoria di studente di medicina che faceva pratica in ospedale, anche la “Signora Maria”, aggredita da un tumore al seno che non le lasciava speranza alcuna (“Sotto la mano. La tua mammella mangiata…).
“Ero in chirurgia all’ospedale di Varese – ricorda Bossi nell’intervista a Radio Radicale – e una signora venne a farsi visitare con un tumore alla mammella che aveva già distrutto completamente il seno; il medico stava per dirle che era ormai troppo tardi ma io invece non volevo che glielo dicesse che la facesse soffrire troppo, così cominciati a parlare con lei, e poi ogni tanto passavo a trovarla nel suo paesino di Varese”.
Poesie nate negli anni ’70-’80 quando nasceva anche l’impegno politico, la missione autonomista, ma anche la coscienza ambientalista: “Il Lago morto” (“Hanno ucciso il lago, La nostra acqua…”.