Non si arrestano le polemiche attorno all’anniversario dei 150 anni dell’Unità d’Italia, che si celebrerà nel 2011. Una ricorrenza che sembra essere diventata ormai un vero e proprio caso nazionale. Il tema è stato già ieri al centro dell’acceso dibattito tra il premier Berlusconi e il presidente della Camera Gianfranco Fini durante la direzione nazionale del Pdl all’Auditorium della conciliazione di Roma. Il premier, per ricordare l’impegno del governo sul tema, era incorso in un vistoso lapsus, citando i 150 anni della nascita della Repubblica. Un motivo in più per tenere viva la memoria sul significato di Stato unitario.
Fini accusa La Padania. Fini ne ha fatto una delle questioni più rilevanti su cui discutere, al centro del dibattito nazionale e delle frizioni con il partito insieme con il federalismo fiscale, la giustizia, il rapporto con la Lega. Ed è proprio quest’ultimo il nodo del problema. “La Padania ha scritto che i festeggiamenti dell’Unità d’Italia non servono, perché si tratta di un relitto storico da rifondare attraverso il federalismo. Il Pdl ha il dovere di reagire o no? – ha sottolineato il presidente della Camera – un partito per festeggiare l’anniversario dell’unità del proprio Paese le risorse le trova”. “Non sono un eretico se dico che continuando così l’identità finisce per affievolirsi”.
Le dimissioni di Ciampi. Un tema centrale, sul quale si incrociano dunque gli equilibri interni alla maggioranza, ma che investono ambiti ancora più vasti, se si pensa che le polemiche sono arrivate al punto tale da condurre alle dimissioni un ex presidente della repubblica come Carlo Azeglio Ciampi, sebbene motivate almeno ufficialmente da ragioni di salute.
Era stato lo stesso Berlusconi ad annunciare ieri le dimissioni di Ciampi nel corso del suo intervento introduttivo alla direzione nazionale del Pdl: «Credo che valga la pena, perché a volte ci sono state delle incomprensioni, di indirizzargli un saluto e un augurio da parte di tutti noi». Il ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi ha reso noto di aver inviato a sua volta una lettera al presidente emerito della Repubblica, per esprimere «grande rammarico», ma anche per rassicurarlo circa «l’assoluta volontà del governo di proseguire nel solco da lui tracciato in questi anni d’intenso e proficuo lavoro».
Si dimettono Maraini e Zagrebelsky. Dimissioni autorevoli, cui sono seguite oggi quelle di altri influenti membri del comitato dei garanti, come Dacia Maraini e Gustavo Zagrebelsky, preoccupati per la perdita di significato dell’evento e soprattutto di ciò che questo rappresenta. “Avevo accettato di far parte del comitato dei garanti per simpatia nei confronti di Ciampi e perché volevo sottolineare l’importanza di un anniversario che viene messo in discussione anche con toni rozzi e inaccettabili – ha detto la scrittrice – ma con il passare dei mesi il ruolo del comitato è stato svuotato, non contavamo più niente, non potevamo decidere niente. Mi sembrava poco dignitoso restare lì a fare la foglia di fico e così ho mandato una mail a Gustavo Zagrebelsky, anche lui preoccupato per la deriva del nostro lavoro, dicendogli: “Ma che ci stiamo a fare?”. “Si rischia di buttare via una grande occasione per raccontare ai giovani cosa è costata l’Unità d’Italia in termini di lotte, di sangue, di persecuzioni – sottolinea – si vuol far passare il Risorgimento per una rivoluzione dall’alto, imporre un revisionismo di marca leghista, che vuol mettere in ombra le rivolte di popolo, le repressioni violente”. Zagrebelsky è stato d’accordo e ha scritto una lettera di dimissioni firmata anche da Ugo Gregoretti e da Marta Boneschi. Intanto era giunta anche la lettera di addio di Ludina Barzini.
L’opposizione. Il dibattito ha coinvolto inevitabilmente anche l’opposizione. Matteo Orfini, responsabile cultura della segreteria nazionale del Partito Democratico ha chiesto di recente dei chiarimenti al premier sulle celebrazioni e sul “caso unità d’Italia”. La tesi dell’opposizione, infatti, è che sia nuovamente l’atteggiamento assunto dalla Lega nei confronti di questa ricorrenza ad aver causato l’impasse nei lavori del comitato.
Il sostegno di Napolitano. L’unità d’Italia sta paradossalmente crollando sotto gli occhi del Paese nel momento stesso in cui dovrebbe essere al culmine la sua celebrazione. Eppure un sostegno esplicito al lavoro dei garanti era giunto tempo fa proprio dal presidente della Repubblica, garante di quell’unità così discussa. Giorgio Napolitano il 20 luglio scorso aveva chiesto al governo chiarimenti sulle iniziative in campo per le celebrazioni. Attenzione però – aveva avvertito – all’emergere di «giudizi sommari e pregiudizi volgari» su quel che fu nell’800 il formarsi dell’Italia come Stato unitario, e bilanci approssimativi e tendenziosi, di stampo liquidatorio, «del lungo cammino percorso dopo il 17 marzo 1861».