Usa, Susan Rice getta la spugna: chi guiderà il Dipartimento di Stato?

Susan Rice

WASHINGTON, 13 DIC – Susan Rice si ritira ufficialmente dalla corsa per la guida del Dipartimento di Stato. L’ambasciatrice americana all’Onu, da mesi accusata di non aver detto tutta la verità sulla strage di Bengasi, si vede costretta a gettare la spugna, dandola vinta alle fortissime critiche del partito repubblicano, che subito dopo le elezioni aveva minacciato di porre il veto se la Casa Bianca avesse insistito sul suo nome.

Un’imbarazzatissimo Barack Obama si ritrova così costretto a prendere atto di questa brutta sconfitta politica: ”Ho parlato con lei – commenta – e ho accettato la sua decisione. Rimane il profondo rammarico per gli ingiusti attacchi che Rice ha subito. Resterà nostra ambasciatrice all’Onu”. Parole intrise di amarezza da parte di un presidente che, malgrado il trionfo elettorale, incassa un grave colpo per la sua leadership.

Appena il mese scorso, esattamente il 14 novembre, aveva difeso a spada tratta la sua giovane ambasciatrice. Quel giorno, durante la prima conferenza stampa del suo secondo mandato, aveva detto a brutto muso che se qualcuno avesse voluto fare polemiche su Rice avrebbe dovuto ”vedersela” direttamente con lui. Ma in queste settimane le critiche dei repubblicane non si sono placate, provocando di fatto il clamoroso passo indietro. Ma la rinuncia della Rice – che ha motivato il suo gesto con la volontà di evitare un confronto ”lungo, dirompente e politicamente faticoso” sulla sua conferma da parte del Senato – potrebbe avere conseguenze politiche molto importanti: arriva infatti a poche ore dall’ennesimo faccia a faccia tra Obama e lo speaker John Boehner, alla Casa Bianca, impegnati a cercare un’intesa sulla ‘madre di tutte le battaglie’, cioè  il modo per evitare il precipizio fiscale, il cosiddetto fiscal cliff.

Ed èn difficile immaginare che tra i due eventi non ci sia una stretta correlazione: solo i prossimi giorni diranno se l’altissimo prezzo politico pagato oggi da Obama potra’ smuovere il negoziato, allentando le posizioni dei repubblicani, e magari farlo uscire dallo stallo. Resta ora l’impasse dell’amministrazione chiamata a scegliere in poche settimane il successore di Hillary Clinton alla guida della politica estera americana per i prossimi 4 anni. Ovviamente in pole position  è il grande concorrente della Rice, l’ex candidato alla Casa Bianca e presidente della Commissione Esteri del Senato, John Kerry. Ma contro la sua nomina pesa un fatto molto semplice: se dovesse andare al Dipartimento di Stato dovrebbe dimettersi dalla carica di senatore del Massachusetts. E a quel punto si dovrebbe tenere un’elezione suppletiva assai insidiosa per il partito democratico, visto che l’elefantino ha alla Camera Alta una maggioranza risicata.

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Lorenzo Briotti