Bossi e Berlusconi: zero a zero. Il governo resta a bagnomaria. Hanno calcolato pro e contro ed hanno deciso di restare, di malavoglia, in surplace. Fare le elezioni subito è difficile e rischioso, Bossi se ne è fatto una ragione. Ma tirare dentro l’Udc è costoso per Tremonti e rischioso per la Lega, se ne è fatto una ragione anche Berlusconi. Quindi tutti fermi: “hic manemus”, cioè qui restiamo, anche se non “optimae”, cioè per nulla tranquilli e sicuri. A settembre i finiani voteranno la fiducia sui 5 punti. Ma poi? E se poi non votano o non emendano il processo breve? Allora Berlusconi, anzi Ghedini, inventerà un’altra legge scudo o farà di nuovo una corsa alle urne? E se in parlamento qualcuno lavora di emendamenti federalisti alla Calderoli, allora Bossi romperà la tregua? Si vedrà.
Si va avanti senza andare a elezioni anticipate ma un governo con l’Udc è escluso. Silvio Berlusconi non è riuscito a convincere Umberto Bossi della necessità di allargare la maggioranza ai centristi di Casini. Ha però almeno convinto il Senatur che è meglio continuare la legislatura, senza andare alle urne. Ecco quindi che Bossi, uscendo dal vertice a Villa Campari, è rimasto fermo sulla sua posizione nei confronti dell’Udc ma ha “aperto” rispetto alla voglia di andare alle elezioni, già a dicembre, come invece più volte ribadito nei giorni scorsi. “Si va avanti così ma senza Udc, senza Casini – ha affermato Bossi – Si va avanti così per realizzare il programma”. Poi alla domanda dei giornalisti che chiedevano se si fosse parlato di elezioni anticipate, Bossi ha risposto: “No, al momento niente elezioni”.
Berlusconi: “Soddisfatto”. Per quanto riguarda Berlusconi, l’unica reazione ufficiale è arrivata intorno alle 20.30 di sera quando il portavoce, Paolo Bonaiuti, ha diramato questo messaggio alle agenze: ”Il presidente Berlusconi è soddisfatto, come sempre non poteva mancare l’accordo con Bossi e con la Lega”.
Gli argomenti sul tavolo e la trattativa tra Berlusconi e Bossi. Il vertice a Villa Campari è durato quasi sei ore ed è iniziato intorno alle 12. Il presidente del Consiglio è arrivato a Lesa in elicottero, poco dopo mezzogiorno. Qualche minuto dopo c’è stato l’ingresso dello stato maggiore leghista. Assieme a Bossi, sono arrivati il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli, il presidente della Regione Piemonte Roberto Cota e il capogruppo del Carroccio al Senato Federico Bricolo. Con i leghisti anche il ministro dell’economia Giulio Tremonti. Assieme a Berlusconi, invece, erano presenti anche il coordinatore Denis Verdini e l’avvocato Niccolò Ghedini. Il primo a lasciare il vertice, intorno alle 15, è stato il Senatur, mentre gli altri partecipanti hanno lasciato Villa Campari verso intorno alle 17.30.
Raccontano che l’atmosfera dentro sia stata altalenante: c’e’ chi parla di un clima cordiale; chi di momenti di tensione. Un po’ tutti, pero’, concordano sul canovaccio della conversazione fra i due leader che dopo una ricognizione dell’attuale situazione politica e delle tante variabili che possono influenzare l’esito della legislatura, vede affrontare il nodo principale: quello del voto anticipato. Alle urne, avrebbe ragionato il Cavaliere, non possiamo andare. Ma soprattutto non possiamo dare l’impressione di essere noi a rompere. Gli elettori ci punirebbero e a perderci non sarebbe soltanto il Pdl, ma anche la Lega. Il Senatur, pero’, avrebbe ribadito il suo no ad andare avanti cosi’, galleggiando, rinviando l’inevitabile. Un punto, questo, che avrebbe visto il Cavaliere porre sul piatto della bilancia il rischio che il voto porta con se’: dire cioe’ addio al federalismo, visto che – stando ai sondaggi – nemmeno la forza della Lega garantirebbe una maggioranza in Senato.
Non bastasse cio’ Berlusconi avrebbe argomentato la propria convinzione che alla fine i ‘finiani moderati’ non lasceranno naufragare il governo. Non tutti sono falchi come Bocchino, Granata e Briguglio, molte sono persone ragionevoli, che non vogliono tradire i loro elettori. Tesi, quest’ultima, su cui Bossi pare abbia mostrato scetticismo; ma ‘sensibile’ al tema del federalismo avrebbe concesso il beneficio del dubbio all’alleato: va bene, raccontano abbia ragionato il Senatur, se pensi davvero che possiamo andare avanti proviamoci, ma al primo incidente si va dritti alle urne. Eventualita’, questa, alla quale, comunque, il leader del Pdl non intende farsi trovare impreparato. Decisamente meno facile il confronto sul rapporto con l’Udc. Bossi, del resto, si era presentato a villa Campari con un messaggio ben preciso: mai al governo con Casini. E a poco sarebbero servite le spiegazioni di Berlusconi deciso a sostenere le differenze tra l’opposizione dei centristi e quella di Pd e Idv; loro, avrebbe spiegato, sono garantisti, non forcaioli, e per questo potrebbero aiutare a tenere a bada i ‘pm politicizzati’. Argomenti che pero’ non avrebbero smosso il leader della Lega: io quelli non ce li voglio nella maggioranza, avrebbe rimarcato.
A quel punto, Berlusconi avrebbe assicurato che nemmeno loro vogliono entrare ne’ nel governo ne’ nella maggioranza e che con l’Udc si tratterebbe solo di trovare convergenze su alcuni temi specifici. Perche’ dovremmo rifiutare i loro voti in Aula? Sarebbe stato il ragionamento del Cavaliere evitando di dire che il progetto con i centristi vorrebbe essere di piu’ largo respiro e potrebbe un giorno portare ad una alleanza, magari sotto forma di federazione.
Ma non solo di voto anticipato e Udc si sarebbe parlato a villa Campari. Secondo qualcuno, l’ultimo punto discusso sarebbe stato il quoziente familiare: Tremonti (di cui, raccontano le talpe del Pdl, ormai Berlusconi si fida sempre meno), avrebbe ribadito che costa troppo. Il Cavaliere (forte del fatto che e’ previsto nei 5 punti stilati a palazzo Grazioli) che sara’ il primo intervento da realizzare appena i conti lo permetteranno. Probabile che i protagonisti abbiano usato parole diverse, ma il senso del colloquio – almeno a giudicare i commenti successivi – sembra essere stato proprio questo. ”Berlusconi e’ molto soddisfatto”, commenta Paolo Bonaiuti. Ora, pero’, i leghisti attendono le rassicurazioni del premier alla prova dei fatti. Ecco perche’ c’e’ chi parla di semplice ”boccata d’ossigeno” per il Cavaliere.
La “quadra” su cui puntava Berlusconi. Sul tavolo del vertice c’è stata la questione dell’eventuale entrata nel governo dei centristi. Ma il premier non è stato abbastanza convincente, anche se ha “spuntato” almeno che non si vada a elezioni anticipate, come invece auspicato a più riprese da Bossi. Dopo la scissione dei finiani, Berlusconi ha guardato a un governo allargato al partito di Casini come unica alternativa alle elezioni, unica possibilità di ottenere la maggioranza in Parlamento anche senza il sostegno di Futuro e Libertà. Ma Bossi, sin da quando si è iniziato a parlare di questa possibilità, non ne ha voluto sapere e nei giorni scorsi ha sferrato dei duri attacchi in direzione di Casini. Fino ad oggi, quando ha ribadito: no a un governo con l’Udc.
Eppure per convincere l’alleato forte che l’Udc serve al governo, Berlusconi si è presentato al vertice di Lesa con un programma per trovare una “quadra”. Un programma in quattro punti, semplificando, per accontentare sia i leghisti che i centristi e tentare di formare un governo tutti insieme. A Villa Campari, dunque, Berlusconi è arrivato con proposte che non possono non aver allettato la Lega ma che evidentemente non sono bastate per far mandare giù a Bossi il “rospo” di un governo con l’Udc. Le proposte di Berlusconi sono state: l’impegno a varare il prima possibile il federalismo, ma quello reale con la F maiuscola che privilegia le regioni del Nord, e l’impegno a piazzare uomini di fiducia del Carroccio in banche che interessano la Lega. Dall’altra parte, per l’Udc, il premier si impegnerebbe a garantire il quoziente familiare, progetto tanto caro ai centristi, e a finanziare il deficit strutturale delle regioni del sud, palesemente sfavorite dal federalismo come lo vuole Bossi.
I finiani applaudono. “Le parole di Bossi sul voto anticipato sono più che condivisibili, non c’è ragione di andare alle elezioni anticipate. La maggioranza ha gli stessi voti della prima fiducia, solo che ora i soggetti che la formano non sono più tre ma quattro: Pdl, Fli, Lega e Mpa”. Non nasconde la sua soddisfazione il presidente dei deputati di Fli, Italo Bocchino.
I finiani ribadiscono la loro disponibilità a sostenere il governo ma senza ultimatum. “Noi garantiamo la nostra fiducia sul programma di governo fino all’ultimo giorno di legislatura così come siamo pronti a discutere di altri temi secondo le prerogative dei parlamentari ma non a subire aut aut”, aggiunge Bocchino. ”E’ velleitaria l’idea di qualcuno dell’entourage di Berlusconi di voler sostituire Fini con Casini e va contro la volontà dell’elettorato – spiega ancora Bocchino – Sostituire Fini con Casini, come forse pensava di fare qualcuno, non interessa a Casini e non interessa neanche alla Lega”.
Udc: cala il sipario su teatrino politica. “Finalmente sembra calare il sipario sul teatrino della politica alimentato nel mese di agosto dalle convulsioni del Pdl”, commenta in una nota il segreatrio dell’Udc Lorenzo Cesa. “E’ positivo – prosegue Cesa – che si sia accantonata la scorciatoia delle elezioni anticipate, vera e propria fuga dalle responsabilità di governo. Per quanto ci riguarda, continuiamo sulla strada intrapresa, che ha dimostrato efficacia politica e serietà istituzionale. L’opposizione repubblicana non può concorrere allo sfascio dell’Italia, ma all’assunzione di provvedimenti utili ai cittadini: niente sconti per le leggi che non servono e appoggio agli interventi necessari per il Paese”.
Il Pd: “Non scongiurato il rischio voto”. “Dopo l’agosto che abbiamo visto non sarano due chiacchiere sul lago Maggiore a risolvere il disfacimento di questa maggioranza. E’ meglio che vengano in Parlamento a certificare la crisi, il Paese, con tutti i problemi che ha, non può vivacchiare aspettando ogni sera il bollettino meteo di Arcore”. Così il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, intervistato dal Tg1.
“Non mi pare che il vertice abbia scongiurato le elezioni”, dice anche Filippo Penati. “Mi pare solo che si vada a una navigazione a vista, giorno per giorno. Bossi – ha proseguito Penati – ha scongiurato l’allargamento della maggioranza. Ed è chiaro che adesso può far valere il suo potere di veto e le sue condizioni. Il rischio che l’abbraccio sempre più forte della Lega condizioni le scelte di Berlusconi e vedremo se produrrà il suo commissariamento”.
Il messaggio di Maroni. Un’operazione per far fuori Berlusconi. Mentre a Lesa iniziava l’incontro tra Berlusconi e i quadri del Carroccio, il ministro dell’Interno Roberto Maroni, intevenuto al meetingi di Cl a Rimini, ha commentato così la situazione politica: ”Io non sono certo che si riesca a ricomporre, credo anzi che ci sia un’operazione in corso per far fuori Berlusconi e dobbiamo capire come muoverci”.
“Non è un complotto – ha detto Maroni – ma un progetto che a me non piace, ma che è sostenuto da molti”. Il ministro dell’Interno ha ribadito la posizione sul Carroccio su un esecutivo diverso da quello attuale. “Non è accettabile che chi ha perso le elezioni governi”, ha spiegato Maroni, “chi ha vinto deve governare e tutto ciò che è diverso da questo sa molto di palazzo romano e poco di democrazia”.
E proprio la riunione di Villa Campari tra il presidente del Consiglio e il leader del Carroccio, per Maroni, dovrà dire qualcosa in più sulle mosse future della maggioranza: “Mi aspetto che si prenda una decisione su cosa fare nei prossimi giorni della settimana che saranno decisivi. Mi aspetto una strategia che significa saper cosa fare nel caso che accada una certa cosa e cosa fare nel caso che ne succeda un’altra per evitare di trovarci impreparati”. ”La Lega – ha aggiunto – la sua indicazione l’ha già data, se non c’è una maggioranza che venga certificata bisogna andare subito a nuove elezioni”. Per quanto riguarda invece il rapporto con l’Udc, Maroni ha tagliato corto: ”Bossi ha parlato chiaro”.