Vitalizi dei parlamentari, versi 1 e incassi 5: il 533% dei contributi

ROMA – Prendi il caso dell’onorevole “Mario Rossi”, nome di fantasia ma storia assolutamente verosimile: è entrato in Parlamento a 50 anni e non ha speranza di essere rieletto. Comincerà a riscuotere il suo vitalizio a 65 anni, se vivesse fino a 78 incasserebbe mensilmente 3018 euro lordi per 13 anni. Il tutto per soli 5 anni di legislatura e altrettanti di contributi versati al ritmo di 1006 euro mensili. Intascherebbe insomma il 533% di quanto versato, contro il 102% di un lavoratore dipendente medio che va in pensione con 35 anni di anzianità.

I vitalizi costano ogni mese, tra Camera e Senato, 200 milioni di euro a fronte di 18 milioni circa di contributi. Oggi, per ottenere l’assegno, bisogna però aver completato almeno una legislatura e bisogna aspettare i 65 anni; in passato bastava un solo giorno in Parlamento per poter riscattare il diritto all’assegno, pagando in cambio una cifra molto contenuta. Il cambiamento tra “prima” e “dopo” ha però accuratamente evitato di toccare i diritti già acquisiti. Nel 1997 una riforma in questo campo stabilì che il vitalizio non poteva essere intascato prima dei 60 anni, ma che la regola valeva solo per i neo eletti a partire dal 2001. Nulla cambiava per tutti gli altri. E così è successo che nel 2006, ad esempio, Giuseppe Gambale sia andato in pensione a 42 anni con 8455 euro lordi al mese, Alfonso Pecoraro Scanio ci sia andato a 49 anni.

Se tra 19 mesi si concludesse naturalmente la legislatura sarebbero pronti per la pensione (se non dovessero essere rieletti) Giovanna Melandri (51 anni), Alessandra Mussolini (50), Italo Bocchino (45), Luca Volontè (47).

I vitalizi, poi, hanno il pregio di sommarsi a qualunque altro reddito: che sia una pensione o un altro vitalizio. Succede per esempio a chi intasca anche l’assegno per aver occupato un seggio in un Consiglio regionale. In Italia questa “truppa” è formata da 200 persone. Come Mario Capanna, Piero Bassetti, Luigi Baruffi, Alessandro Fontana, Elio Veltri. O il caso di Francesco Storace: nel 2009 aveva solo 50 anni ed era consigliere al Comune di Roma ma percepiva sia il vitalizio da ex senatore, che quello da ex consigliere regionale.

Si potrebbe cambiare la legge, certo. Oppure si potrebbe fare come Giacomo Bungaro, vicepresidente del Consiglio regionale delle Marche per il Pdl che al Corriere della Sera ha scritto: “Ho comunicato all’amministrazione l’atto di rinuncia al vitalizio, che in base alla legge regionale risulta essere facoltativo”.

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Elisa D'Alto