ROMA – E' il 17 dicembre 2010: un ambulante in Tunisia si da' fuoco per protestare contro le autorita' che gli hanno confiscato tutto e gli impediscono di lavorare. Mohamed Bouazizi muore il 4 gennaio, quando e' gia' diventato un 'eroe' per le masse del mondo arabo, in particolare dell'Africa del Nord, strette da decenni nella morsa di regimi autoritari e corruzione endemica. La sua Tunisia viene stravolta in poco tempo, ne fa le spese il presidente Zine El Abidine Ben Ali e la sua 'corte' al potere da 23 anni: il 14 gennaio e' costretto a lasciare il Paese, infiammato dalla rivolta.
Il 'vento' della primavera si propaga presto in Egitto, Libia, Yemen, Siria, Bahrein, con i governi costretti a fare i conti con vere e proprie rivolte, e in maniera minore in tutti i Paesi arabi.
Lo strumento preferito dai dimostranti e' internet: Twitter, Facebook, Youtube, diventano i nuovi 'manifesti' per sfidare i regimi, indire manifestazioni, distribuire manuali per spiegare come confrontarsi con le forze di sicurezza, come curare una ferita.
Lo avevano gia' fatto i giovani iraniani un anno prima, quando il 'movimento Verde' aveva invaso le strade di Teheran e di tutto l'Iran riuscendo grazie al web a sfuggire al controllo e alla repressione preventiva.
Ad eccezione di Libia e Siria, i regimi si sono sciolti come neve al sole in poche settimane: dove si e' votato hanno vinto i partiti islamici, che ora dominano lo scenario in Tunisia, Marocco, Egitto. Si tratta per la gran parte di formazioni di ispirazione moderata, che fanno della liberta' e della lotta alla corruzione la propria bandiera, e che sono chiamati oggi e nei prossimi mesi alla prova dei fatti.
Il fondamentalismo è in agguato, con le branche armate di al Qaida sparse in tutto il Nord Africa che si sono rafforzate economicamente e militarmente, grazie al contrabbando di armi cresciuto a dismisura. La diffusione di internet – l'arabo e' balzato in testa ai linguaggi piu' usati – fa da contraltare, con migliaia di giovani che hanno 'voglia di Occidente'.
In Libia non sono bastate le dimostrazioni di piazza: l'ostinazione di Muammar Gheddafi ha portato a un conflitto civile esteso nel quale ha giocato un ruolo importante la comunita' internazionale, prima con l'imposizione della no-fly zone da parte dell'Onu, poi con l'intervento diretto della Nato.
Nonostante lo schieramento di forze, ci sono voluti migliaia di morti per arrivare a vedere la fine del colonnello, cruenta e per certi aspetti ancora misteriosa – Gheddafi e' stato ucciso in circostanze ancora non chiarite il 20 ottobre a Sirte -. Tolto di mezzo 'il dittatore', il Paese ha di fronte a se' un lungo percorso per arrivare a consolidare la democrazia.
Anche in Libia i partiti e le fazioni islamiche giocano un ruolo importante, anche grazie al sostegno del Qatar, nuova potenza regionale esplosa di concerto con la Primavera araba. Gli scontri tra le fazioni armate nel Paese sono quotidiane, e il Consiglio nazionale transitorio si trova alle prese con la costruzione di uno Stato dalle sue fondamenta. Appare verosimile che la sharia, la legge islamica, trovera' ampio spazio come fonte di diritto nella nuova Costituzione.
In Siria la 'rivoluzione' è in pieno svolgimento: l'Onu stima già 5000 morti e il regime di Bashar al-Assad, forte dei suoi legami storici con Russia e Iran, non sembra intenzionato a fare passi indietro o grandi concessioni sul piano democratico. E' pero' nato un consiglio di opposizione, e anche un esercito di disertori. "Assad come Gheddafi", è il tam tam su Twitter.
E mentre nel resto del mondo arabo si teme che dalla Primavera si passi a un inverno islamico, a Damasco si profilano nuove albe di sangue.