Berlusconi a Tunisi per fermare l’esodo, ma la missione è in salita

ROMA – L’obiettivo è quello di porre fine all’esodo dalla Tunisi e, possibilmente, giungere ad un’intesa per il rimpatrio del maggior numero di migranti. Ma la missione che lunedì vedrà impegnato Silvio Berlusconi a Tunisi, nella prima visita del dopo Ben Ali, appare in salita. Come traspare dalle stesse parole del presidente del Consiglio. ”Andrò a Tunisi per vedere se questo governo, che certamente non è forte né eletto dai cittadini, potrà trovare il modo o avrà una polizia capace di imporsi e di evitare che che ci siano nuove partenze”, ha detto il Cavaliere nel corso di un collegamento telefonico con Riva del Garda.

Affermazioni che fanno capire come lui stesso abbia dei dubbi sulla reale capacità che il debole esecutivo provvisorio abbia modo di dar seguito agli impegni presi. E il botta e risposta di ieri sulla presenza di accordi formali fra Tunisia e Italia conferma questi sospetti. Anche per questo, l’offensiva diplomatica del Cavaliere muove su più fronti, a cominciare da quello europeo. Nel corso di una telefonata con il presidente francese Nicolas Sarkozy, Italia e Francia hanno infatti deciso di tenere ”al più presto” un vertice in cui oltre ai due leader saranno presenti i ministri degli Esteri, dell’Interno e dell’Economia. Un incontro importante, anche alla luce delle recenti frizioni fra Roma e Parigi sulla Libia, ma che sarà dedicato soprattutto al tema dell’immigrazione, sul quale – dopo le aperture del premier Fillon – i due Paesi hanno registrato identità di vedute sulla necessità di investire l’Ue del problema.

Il fronte degli sbarchi, al momento, è quello che preoccupa maggiormente il Cavaliere: ”A Lampedusa la situazione è difficile”, riconosce il premier che ricorda come gli sbarchi proseguano e come, nonostante l’inizio dell’evacuazione, sull’isola restino ancora 2500 migranti a causa delle condizioni del mare. Berlusconi, rivolgendosi ad una platea cattolica, ribadisce comunque che la solidarietà è un dovere: ”Ciò che sta avvenendo ripropone la validità dei nostri valori: migranti arrivano in Italia spinti da un’ansia di libertà e giustizia. Le posizioni politiche si intrecciano con gli aspetti tecnici. Se Tunisi smentisce accordi scritti con Roma, il governo italiano ribadisce che la Tunisia ha disatteso dei patti ”molto chiari”, contenuti in uno scambio di note fra i rispettivi ministeri degli Esteri dopo la recente visita di Franco Frattini e Roberto Maroni.

In sostanza, per l’Italia un accordo c’e’ gia’ e deve dunque essere applicato. In Particolare, la Tunisia dovrebbe sorvegliare le coste per evitare partenze illegali, peraltro vietate dalla legislazione tunisina. Nello stesso tempo il governo italiano punta a far rispettare l’impegno per il rimpatrio dei migranti. In cambio è pronto a offrire equipaggiamenti e mezzi per il controllo delle coste (del valore di 73 milioni di euro) oltre che aiuti economici (la cooperazione italiana ha già impegnato 150 milioni). Ma il problema principale resta proprio quello dell’interlocutore. Il fronte diplomatico, però, non è l’unico aperto. Le distanze con la Lega Nord restano pericolosamente ampie.

La presenza di Maroni in Tunisia, spiegano fonti della maggioranza, dovrebbe servire anche a ricomporre due visioni diverse: quella di Berlusconi che ritiene inverosimile che la Tunisia si riprenda tutti i migranti e punta per questo a soluzioni alternative (integrazione di parte di essi e permessi di soggiorno temporanei per smistarli negli altri paesi Ue) e il ministro dell’Interno che, per non scontentare la base, punta maggiormente sui rimpatri. Il pressing del Carroccio, tuttavia, prosegue: ”L’Italia deve puntare i piedi: i clandestini tornino a casa”, tuona il capogruppo Roberto Cota. ”La Tunisia fermi i clandestini o rompiamo i rapporti diplomatici”, gli fa eco il governatore veneto Luca Zaia. Dall’opposizione, intanto, le critiche non mancano: per il governo e’ una ”debacle” che rappresenta una ”vergogna” per l’Italia”, attaccano il Pd e l’Idv.

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