Birmania. Aung San Suu Kyi, “prigioniera” del realismo politico

NAYPYIDAW (BIRMANIA) – Ma Aung San Suu Kyi, paladina dei diritti umani e Nobel per la Pace, era più libera quando era la più famosa prigioniera politica del mondo? Forse no, ma certo ora, nei panni di candidata alla presidenza della Birmania, è assediata da chi la contesta, accusandola di essersi troppo sporcata le mani con le manovre della politica e di aver accettato troppi compromessi con gli eredi di una dittatura che ha brutalmente governato il Paese per mezzo secolo. Alla fine del congresso della Lega nazionale per la democrazia (Nld), il partito di Suu Kyi, favorito alle elezioni del 2015, Raimondo Bultrini di Repubblica è riuscito a intervistarla:

Signora Aung San Suu Kyi, allora è vero? lei si candiderà alla presidenza del Paese? «Sì, se questo è il desiderio del popolo che mi sosterrà. Non c’è altra strada». Com’è cambiata la politica del suo partito dopo il Congresso? «Noi non modifichiamo la politica di base, da sempre fondata sui principi della democrazia, dei diritti umani e della riconciliazione nazionale. Cambieranno certi aspetti secondari: nel passato siamo stati un “Partito contro”, ora dobbiamo cambiare ogni forma di costrizione nel ruolo di oppositori ». Si sono ascoltate molte critiche riguardo alla inadeguata rappresentanza dei giovani nel partito. Metà della popolazione ha meno di 25 anni, però l’età media del Comitato esecutivo è di oltre 60 anni.

È così? «È vero. Ma nel nuovo comitato centrale ci sono molti giovani. Se nel Comitato esecutivo non sono tanti, è perché lì serve esperienza. Quanto ai giovani, ne avremo bisogno sia nel partito che nel Paese. Se poi vuole sapere quale sia la proporzione fra vecchi e nuovi membri, è difficile dirlo: sono tutti raggruppati in un unico elenco». Cosa si aspetta dal nuovo Comitato esecutivo? «Abilità specialmente nel trattare con i gruppi etnici e le donne. Anche per questo abbiamo scelto persone più anziane, con l’esperienza che viene dalla conoscenza del nostro passato». È vero che aumenta il fenomeno della terra espropriata alle popolazioni? «Questa è una materia vasta e complessa: c’è una commissione parlamentare che sta indagando». Riguardo alle future elezioni presidenziali, lei s’aspetta il successo dell’ultimo voto? «Il sostegno del popolo viene dalla volontà di cambiare. Ma è difficile dire cosa e dove potremo cambiare. Vedremo: una cosa alla volta».

Sandra Zampa del Pd, portavoce di Romano Prodi, è stata in Birmania è ha incontrato Aung San Suu Kyi, ammirandone il pragmatismo, la scelta di una transizione dolce fra la dittatura e la democrazia che è stata la stessa fatta da altre nazioni nel passato:

Ciò che gli osservatori internazionali chiamano «l`inferno della realtà» in cui Aung San Suu Kyi sarebbe caduta è in realtà l`esito della sua lucida scelta politica di aprire il confronto con il governo per avviare la transizione democratica. E stata lei, e non il capo del governo, ad andare al Nord a incontrare gli abitanti dei villaggi che protestano contro l`ampliamento della miniera di rame più grande del Myanmar come stabilito da un contratto stretto dal governo – non certo da lei – con la Cina. Si è recata là assumendo la responsabilità di rappresentare il proprio Paese.

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