L’incontro segreto Blair-Gheddafi: gli interessi di Bp e il rilascio del bomber di Lockerbie

Non c’è solo Berlusconi a fare la corte al dittatore libico Muhammar Gheddafi e non c’è solo l’Eni che sogna di allargare la propria rete di pozzi di petrolio nel deserto della Libia: c’è qualcuno di molto più accreditato, a livello internazionale, l’ex primo ministro inglese Tony Blair, che si muove in sintonia, se non in nome e per conto, del colosso petrolifero mondiale Bp.

Non c’è dubbio che Berlusconi si agiti tanto attorno a Gheddafi nel superiore interesse della Patria e della compagnia petrolifera nazionale, ma nel caso di Blair, mentre l’interesse per una delle più grandi società inglesi, l’interesse personale comincia a trasparire e a creare qualche imbarazzo. Blair non è di suo un miliardario come Berlusconi (cosa che di per sé può anche non volere dire molto, perché chi è ricco spesso vuole diventarlo sempre di più), ma è un ex avvocato e soprattutto un politico di professione e sono pochi i politici che si fanno ricchi ma proprio ricchi con quel mestiere.

Da quando ha lasciato la carica di primo ministro della regina Elisabetta e l’appartamento in Downing street 10 che va con la carica, Blair è apparso deciso a mettere a frutto la rete di contatti e di benemerenze acquisiti, mettendo assieme incarichi pubblici internazionali di alto prestigio, tipo inviato dell’Onu per la pace in Medio oriente, e consulenze ad alto reddito, come quella nota con la banca d’affari americana JPMorgan, che gli rende 2 milioni di sterline l’anno. Oggetto della consulenza, che coincidenza, sono le occasioni di investimento in Libia.

Per Blair i rischi di finire a piedi uniti in uno scandalo per conflitto di interessi sono elevati e poiché l’Inghilterra è un paese non molto più onesto ma certamente molto più ipocrita dell’Italia e la gente non si è ancora anestetizzata come qui da noi dopo sessant’anni di scandali, proprio in direzione del conflitto di interessi sono orientate le rivelazioni del quotidiano londinese Daily Mail. Il giornale, citando una anonima fonte alla corte del dittatore Gheddafi, rivela che Blair ha appena trascorso qualche giorno ospite da Gheddafi, con il quale si dà del tu. Il viaggio è avvenuto nel più assoluto segreto. Ben diversamente accadeva quando Tony Blair e Muhammar Gheddafi si vedevano fra abbracci e sorrisi qualche anno fa: c’erano anche le passeggiate nel vento del deserto come sfondo. Fotografi schierati all’aeroporto e strette di mano in bella mostra. Allora Blair era alla fine del suo mandato da premier britannico, era fine maggio-inizio giugno del 2007.

Ora a tre anni di distanza è ritornato dal colonnello libico, ma volando in Libia in segreto.

Secondo le indiscrezioni Blair è andato dall’amico Gheddafi circa un mese fa, a giugno, esattamente, e la cosa aggrava il quadro, qualche giorno dopo aver fatto negare, da un portavoce, che non c’era alcun rapporto di consulenza in corso con Gheddafi: Nè formale né informale, né a pagamento né gratis.

Invece Blair avrebbe dato a Gheddafi, secondo la fonte del Mail, un bel po’ di consigli di grande valore. Sul tavolo dei colloqui nascosti le questioni internazionali, le solite per cui la Libia fa gola all’Occidente: petrolio e opportunità di nuovi investimenti.

Che omissioni e bugie piacessero a Blair lo si era già capito con la guerra in Iraq, quando continuò a mandare truppe al fronte al fianco degli uomini di Bush nonostante il prevalente umor contrario anche dei militari e senza spiegare niente alla nazione. Adesso Blair mente una seconda volta, ma a smascherarlo non sono di certo i suoi fedelissimi, ma le solite “gole profonde” di Tripoli. “Trattato come un fratello”, hanno fatto sapere.

La rivelazione del Daily Mail ha provocato indignate reazioni da parte delle famiglie delle vittime dell’attentato di Lockerbie del 1988, che causò 259 vittime nell’esplosione di un Boeing 747 della Pan Am e che è stato riportato di attualità anche da una iniziativa di inchiesta del Congresso (la camera dei deputati) americano.  Un anno fa venne liberato l’ex 007 libico Abdelbaser al-Megrahi, considerato uno dei responsabili e comunque l’unico catturato e in carcere.  La liberazione, da parte delle autorità scozzesi, avvenne, in base a un parere medico che dava al terrorista ancora pochi mesi di vita per un tumore alla prostata. Il clima della sua terra però semba avere fatto bene a al-Megrahi, perché non solo non è morto ma sembra essere molto migliorato.

Ora qualcuno ha cominciato a fare delle mezze ammissioni e così è emerso che ci aveva messo lo zampino la Bp, la British petroleum, il colosso ora in panne con il disastro della marea nera nel Golfo del Messico, interessata a mettere le mani sempre di più sui giacimenti libici (c’erano in ballo diritti per mezzo miliardo di sterline). Bp ha ammesso di avere fatto pressioni per il rilascio, ma senza interferire sulle autorità. Subito da Londra si sono affrettati a dire che tutto è stato fatto dagli scozzesi in piena autonomia, con una faccia di bronzo ragguardevole. Solo gli italiani infatti credono al mito degli inglesi, e o se per questo degli scozzesi, integerrimi cittadini, scrupolosi e incorruttibili. Ma vicende come l’inchiesta sulla morte di Calvi, in cui la polizia londinese stabilì subito che era stato suicidio, dovrebbero suscitare almeno qualche dubbio.

Gli americani, che hanno sempre pensato che gli inglesi siano corrotti e traditori (e il caso dei vertici dello spionaggio britannico tutti al servizio dei russi qualche ragione sembra dargliela), non se ne stanno della pomposa autostima degli inglesi, specie ora che è venuto fuori che nella liberazione del terrorista di Lockerbie c’era lo zampino della Bp, che ha un arci nemico proprio nel presidente Barack Obama, questo anche per cinico calcolo politico, dopo il disastro della marea nera. Così nei prossimi giorni i capi della Bp dovranno spiegare  a una commissione di parlamentari Usa i loro intrighi tra petrolio e terrorismo.

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luiss_smorgana