L’ambasciatore brasiliano non c’era l’altra sera nel suo ufficio di Piazza Navona a Roma. Ci fosse stato, si fosse affacciato al balcone, avrebbe visto scarsi cinquecento italiani che, a turno e scaglioni, chiedevano al Brasile l’estradizione del terrorista Cesare Battisti. Qualcuno dei cinquecento, quando è stato il suo turno, faceva il saluto fascista. Isolato ma non emarginato, faceva spuntare il braccio teso tra un paio di bandiere tricolori. Qualcuno di più cantava tra il serioso e l’allegro: “A noi Battisti, a voi i travestiti”. Questi qualcuno si sentivano molto brillanti e si auto congratulavano per l’inventiva creatività che aveva portato al pungente slogan. Qualche altro, quando era il suo turno, approfittava per dire che se Battisti non tornava era colpa di Berlusconi. Quelli del turno di prima, mentre andavano via, salutavano: “Lula viado”. Quando raramente si “incrociavano” i turni, uno del turno di destra gridava al turno di sinistra: “Terroristi”.
L’ambasciatore brasiliano non c’era, ma dei cinquecento di Roma a Piazza Navona gli avranno fatto racconto, come dei cinquanta a manifestare a Milano e dei cinque a Firenze. E gli avranno anche raccontato del premier italiano Silvio Berlusconi che, parlando al figlio di una delle vittime di Battisti, diceva: “Torreggiani, a undici anni stava entrando nelle giovanili del Milan…”. Il premier trovava queste commosse parole per esprimere in pieno la sua commozione di fronte a un uomo sulla sedia a rotelle.
All’ambasciatore brasiliano avranno anche detto di un ex ministro di un governo italiano che c’era, quel Ferrero di Rifondazione Comunista che alla radio diceva: “Sono garantista per tutti e per Battisti basta pensare a come sono stati fatti i processi…”. E gli avranno detto anche di un altro ministro, questa volta in carica e niente meno che della Difesa che due volte al giorno invita al boicottaggio contro il Brasile. Si chiama La Russa e, mentre lui “boicotta”, Berlusconi capo del suo governo ogni tre frasi assicura due volte che: “Tra Italia e Brasile nulla cambia”. E gli avranno detto dell’astro nascente della sinistra italiana, quel Nichi Vendola che su tutto narra la “nuova e lieta novella” ma che su Battisti ha fatto voto di castità di parola.
Un giorno su Wikileaks si leggeranno i dispacci diplomatici inviati dall’ambasciatore a Brasilia: “Tranquilli, sono italiani, non è il caso di prenderli sul serio”.