Josè Serra, figlio di emigranti italiani, ex leader studentesco esiliato durante la dittatura militare, è il candidato del PSDB socialdemocratico alle presidenziali in Brasile. È al secondo posto nei sondaggi pre-voto con il 28 per cento. Le sue chance di vittoria sono legate all’eventuale secondo turno, se la candidata del Partido dos Trabalhadores, Dilma Rousseff, non otterrà la maggioranza assoluta domenica prossima.
In un secondo turno, Serra potrebbe infatti allearsi all’altra candidata sconfitta, Marina Silva del Partido Verde (14 per cento nei sondaggi), e minacciare lo strapotere della coalizione di governo (che oscilla nei sondaggi tra il 48 e il 50 per cento delle intenzioni di voto). Serra ha già perso le elezioni presidenziali del 2002, a vantaggio di Lula.
Curiosamente, Serra, che è un uomo con convinzioni di sinistra, rappresenta oggi l’alternativa di centrodestra alla continuità del governo di sinistra del Partido dos Trabalhadores. Serra è nato nel 1942 a San Paolo da Francesco Serra e Serafina Chirico, entrambi originari di Corigliano Calabro, emigrati in Brasile negli anni ’30 per ragioni politiche. Dal padre, Josè eredita l’impegno di sinistra e diventa leader studentesco e poi nel 1962 fondatore dell’Azione Popolare (partito dei giovani di sinistra).
Con il golpe militare del 1964, si rifugia in Bolivia e poi in Francia, per poi tornare in Brasile clandestinamente, e esiliarsi nuovamente in Cile per otto anni. Dopo il colpo di Stato di Pinochet, viene arrestato ma riesce a rifugiarsi nell’ambasciata d’Italia a Santiago, dove rimane per otto mesi. Va ad insegnare negli Stati Uniti, poi torna in Brasile nel 1977, dove ricomincia la carriera politica. Sarà successivamente deputato (1986-1994), senatore (1994-1996), ministro della Pianificazione (1996) e poi della Sanità (1998-2002) del governo del presidente Fernando Henrique Cardoso, candidato alla presidenza per il Psdb (2002), poi sindaco di San Paolo (2004-2005), governatore dello Stato di San Paolo (2006-2010), e di nuovo candidato del Psdb alla presidenza della Repubblica.