Crisi Libia, l’Onu si riunisce ma la “no fly zone” resta ancora lontana

Muhammar Gheddafi

NEW YORK, 1 mar – E’ l’argomento ‘caldo’ di queste ore, ma l’ipotesi di stabilire una no-fly zone sulla Libia rimane al momento lontana, perché sia la Nato sia numerosi paesi del Consiglio di Sicurezza, e tra questi anche chi come Francia e Russia hanno diritto di veto, giudicano necessaria una nuova risoluzione ad hoc.

Lo ha detto chiaramente il neo ministro degli Esteri francese Alain Juppé,  scettico su un eventuale ruolo dell’Alleanza Atlantica, e lo pensano anche i russi, nonostante abbiano oggi alzato i toni, definendo il dittatore libico Muammar Gheddafi un cadavere politico che deve andarsene al più presto. In Italia, chiede una risoluzione il ministro degli Esteri Franco Frattini, dichiarando la disponibilita’ delle basi italiane, e lo stesso fa da Bruxelles il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, pronto a prendere in considerazione una richiesta per una zona di non volo da parte del Palazzo di Vetro, per neutralizzare i Mig di Gheddafi.

Non sono così espliciti Usa e Gran Bretagna, che premono per la no-fly zone forse più di altri, ma si guardano bene dal parlare al momento di una nuova risoluzione. Si attribuisce al premier britannico David Cameron la volontà di fare intervenire se necessario i Typhoon, ma per Londra la parola resta ancora alla diplomazia.

Gli Stati Uniti, dal canto loro, insistono sul carattere esclusivamente umanitario di eventuali future operazioni, se la situazione precipiterà. Fatto sta che salvo colpi di scena al Palazzo di Vetro i tempi si prospettano lunghi, e l’unica decisione odierna sulla Libia decisa l’uno marzo e’ l’espulsione formale di Tripoli dal Consiglio dei diritti umani da parte dell’Assemblea Generale.

Come hanno indicato più fonti diplomatiche occidentali dei Quindici, ”al momento il Consiglio non sta parlando” di nuova risoluzione e qualsiasi ipotesi in merito ”è prematura”. La no-fly zone, una decisione militare, richiederà verosimilmente una nuova risoluzione di via libera del Consiglio di Sicurezza dopo l’approvazione, sabato, della 1970 con una prima lista di sanzioni contro il clan Gheddafi. Non si esclude però che alcuni paesi – si pensa ovviamente ad Usa e Gb – possano invocare, se la situazione peggiorerà  in maniera decisa, le impellenti ragioni umanitarie che avevano permesso l’istituzione di zone di non volo in Iraq nel 1991 per proteggere curdi e sciiti, basandosi su una risoluzione, la 688, che non le menzionava affatto.

Proprio per evitare il ripetersi di meccanismi di questo tipo, la Russia ha fatto scrivere nero su bianco che la 1970 approvata sabato non prevede nessun intervento armato. Nel 2003, gli Usa avevano infatti invocato un’altra risoluzione del 1991, la 687, per giustificare l’invasione dell’Iraq perché non aveva rispettato i suoi obblighi in materia di disarmo. Al momento, sempre al Palazzo di Vetro, non si parla neppure di contatti tra il Consiglio di Sicurezza e altre organizzazioni internazionali, come l’Unione Africana, che alcuni vorrebbero coinvolgere per evitare accuse di neocolonialismo se un eventuale intervento fosse affidato esclusivamente a paesi Nato. Una accelerazione dei tempi in seno al Consiglio di Sicurezza, di cui fanno parte Gabon, Nigeria e Sudafrica – fanno notare concordi le fonti occidentali dell’Onu – potrebbe essere decisa nel caso in cui la situazione precipitasse in Libia e ci fosse la necessità di agire in fretta.

Per seguire e controllare il rispetto delle sanzioni, come deciso dalla risoluzione 1970, verrà infine istituito nei prossimo giorni un comitato ad hoc, presieduto da uno degli ambasciatori dei Quindici. Secondo il Financial Times, non c’e’ accordo in seno all’Onu se considerare la Banca Centrale Libica e i fondi sovrani (Lia, Libian Investment Authority) proprieta’ di Gheddafi: un punto sul quale ne’ Usa ne’ Gb hanno avuto dubbi.

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Emiliano Condò