Anche Cuba sente la crisi. E così la repubblica socialista è costretta a tagliare posti di lavoro. Mancano le risorse per pagare gli stipendi, per questo il governo di l’Avana dovrà licenziare un milione di dipendenti pubblici, un quarto del totale dei lavoratori statali.
Come riporta El Paìs, il “pieno impiego”, vanto del welfare del regime, è ormai insostenibile per l’isola. Lo stesso presidente Raul Castro ha ammesso che “centinaia di migliaia di posti, forse più di un milione, sono improduttivi”.
Il numero dei dirigenti statali a Cuba supera le 380mila persone, pari al 9% del totale di pubblici funzionari. Salvador Mesa, il segretario della Central de Trajabadores, l’unico sindacato di Cuba, ha dichiarato che “la ricollocazione avverrà con ordine, nell’agricoltura e nell’edilizia”.
Secondo gli analisti l’unica soluzione per l’Avana è allentare i vincoli sulle imprese private e favorire la creazione di cooperative e piccole e medie imprese in quei settori che lo Stato non è in grado di gestire con efficienza, come già si è iniziato a fare con e ristoratori, parrucchieri e taxisti.