Egitto al voto. Ma i manifestanti non lasciano piazza Tahrir

IL CAIRO – Si sono aperti puntualmente alle 8 del mattino (le 7 in Italia) i seggi in Egitto per le prime elezioni del dopo Mubarak. E in pochi minuti centinaia di persone si sono messe in coda per votare, molte di più rispetto alle consultazioni precedenti, di fatto senza reali ripercussioni sulla vita politica del Paese. In tutto sono quaranta milioni gli elettori egiziano chiamati a eleggere la nuova Camera bassa del Parlamento. Un voto che andrà avanti per quattro mesi, fino a marzo.

Entro gennaio si concluderanno i primi tre turni elettorali che completeranno la composizione dell’Assemblea del popolo, corrispondente alla nostra Camera dei deputati.

Nel frattempo i manifestanti continuano a presidiare piazza Tahrir al Cairo contro il nuovo governo di unità nazionale scelto dal consiglio militare di Hussein Tantawi.  Le decine di migliaia di manifestanti on sono riusciti a scalfire il consiglio militare, e Tantawi ha annunciato che le forze armate non permetteranno a nessuno di metterle sotto pressione e che insieme alla polizia faranno in modo che venga assicurata la sicurezza della tornata elettorale. La giornata si e’ giocata soprattutto sul piano politico.

Il premier incaricato Kamal el Ganzuri ha continuato le sue consultazioni per la formazione del nuovo governo e ha dato il via libera ad un consiglio consultivo la cui creazione era stata ventilata nei giorni scorsi per servire da cerniera fra il governo e il paese.

Il consiglio includerà forze politiche trasversali, dai laici agli islamisti e anche l’ex segretario generale della Lega araba nonché uno dei più papabili alla presidenza della Repubblica, Amr Mussa, ha dato la sua adesione. Ha boicottato l’iniziativa, invece, un altro candidato in corsa alla presidenza, Mohamed el Baradei, che aveva dato la sua disponibilità a presiedere un esecutivo di salvezza nazionale anche al prezzo di dover rinunciare alla poltrona più alta del paese. Ma la sua mossa, sostenuta dai manifestanti a piazza Tahrir, è rimasta lettera morta e l’ingresso nel consiglio consultivo di Amr Mussa segna in qualche modo una divisione delle forze che si battono per un passaggio rapido ad un governo di civili.

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Maria Elena Perrero