Nell’Egitto post rivoluzionario, dove la speranza e la confusione collidono nella quotidiana lotta per costruire una nuova nazione, la religione è emersa come una potente forza politica, fatto sorprendente considerato che la rivolta contro il regime di Hosni Mubarak è stata basata su ideali laici. Nel panorama religioso, ad essere preminente è la Fratellanza Musulmana, un tempo bandita, che si è trasformata in un tacito partner del governo militare e che molti temono possa ostacolare cambiamenti di rilievo.
Altrettanto chiaro è che i giovani e istruiti attivisti laici che sono stati gli ispiratori della rivolta, non sono più – almeno per il momento – una forza politica rilevante. Meglio organizzata e più consistente movimento di opposizione in Egitto, la Fratellanza, nel giudizio dei più, avrà la meglio nella gara per la maggior influenza. Questo era forse prevedibile, ma quello che certamente non lo era è il suo rapporto con quegli stessi militari che un tempo la diffamavano.
”Appare verosimile che la Fratellanza ha stretto una qualche forma di intesa con i militari agli inizi della rivoluzione”, ha dichiarato al New York Times Elijah Zarwan, analista anziano all’International Crisis Group. ”Dal punto dei vista dei militari, che vogliono stabilità, è una cosa sensata. E’ infatti alla Fratellanza che possono rivolgersi se vogliono sgombrare le strade del Cairo da 100 mila dimostranti senza carneficine”.
Una battaglia è in corso in Egitto per tracciare il corso post-rivoluzionario, e il consiglio militare che governa il Paese invia segnali contraddittori. Mercoledi ha approvato un piano per bandire sit-in e dimostrazioni. Poche ore più tardi ha reso noto che l’ex-ministro dell’Interno ed altri alti funzionari della sicurezza saranno accusati dell’uccisione di centinaia di manifestanti durante le proteste rivoluzionarie.
Gli egiziani cercano di capire, nella speranza di discernere la direzione di uno stato guidato da un misterioso consiglio militare salito al potere sull’onda di una rivoluzione laica basata su richieste di democrazia, supremazia delle leggi e fine della corruzione. Tutte cose che non erano certo nelle priorità dei militari al tempo di Mubarak.
”Siamo tutti preoccupati”, dice Amr Koura, 55 anni, un produttore televisivo che riflette l’opinione della minoranza laica. ”I giovani non hanno più il controllo della rivoluzione”. Del resto, anche certi egiziani religiosi guardano con sospetto alla Fratellanza Musulmana – tra l’altro decisamente anti-americana – che considerano alla stregua di una elitista società segreta. Questi sospetti hanno creato opportunità per altri partiti.
Ne sono emersi sei partoriti dall’ultra-conservatrice scuola islamica Salafista, ed un altro, chiamato Al Wassat, che vorebbe essere un’alternativa più liberale della Fratellanza. Ma allo stato dei fatti è sempre più evidente la sua emergenza e la travolgente forza dell’Islam.
Quando il nuovo primo ministro Essam Sharaf ha tenuto un comizio nella piazza Tahrir, un alto esponente della Fratellanza, Mohamed el-Beltagi, era al suo fianco. E un membro della Fratellanza è stato incluso nella commissione incaricata di cambiare la costituzione.