Egitto. La politica viaggia sul web e aggira la censura, con lo spettro del dopo Mubarak

Il presidente Mubarak

Nell’incubo del dopo Mubarak il fragile Egitto fa politica su internet, come fa riflettere Bernardo Valli su Repubblica. Facebook, Twitter, le chat e i siti sono terreno fertile dove si discute del futuro del paese, dove ci si scambia idee e opinioni e si fanno progetti, uno spazio democratico.

In Egitto la stampa è controllata, l’opposizione ha campi strettissimi entro cui muoversi e poca libertà. “Mi piace guardare il Nilo, nella luce del mite inverno levantino, e immaginare le vivaci, inafferrabili conversazioni, fitte come folate di vento infiltratesi tra i lussuosi, prepotenti grattacieli spuntati sulle due sponde del fiume. Hai l’impressione di sentire il fruscio della democrazia”, scrive Valli.

Dopo la strage dei copti di Alessandria che ha rivelato la fragilità istituzionale del Paese, il Cairo cerca di stare in allerta, di controllare cosa si muove nel paese, ma il mondo del web è difficile da scoprire e scandagliare. “I mukhabarates, gli uomini dei servizi segreti, numerosi come le formiche, annaspano nello spazio informatico, cercano di acciuffare il vuoto nell’invisibile dimensione creatasi tra la diga di Assuan, le tombe di Luxor e la piramidi di Ghiza. La loro secolare esperienza di segugi serve a poco. I sovversivi sono diluiti nell’atmosfera”.

Dopo il caos istituzionale di Tunisi e gli scontri di piazza in tanti temono il contagio, così come a rischiare è anche l’Algeria. Secondo Valli però paragonare le due realtà, quella tunisina e quella egiziana, è di fatto una forzatura così come credono i ministri del partito presidenziale, il Partito nazional democratico.

Ma c’è un elemento silente, da non sottovalutare: quello dei partiti più piccoli, che potrebbero unirsi e concentrare le loro forze. “Sono entrati in agitazione anzitutto i movimenti estranei al quadro istituzionale. Grazie a Internet si sarebbe formato persino un “parlamento popolare”, forse più ideale che reale, da contrapporre a quello ufficiale, in pratica occupato dal partito del presidente… incerta è l’origine del progetto, ritenuto fuori legge dallo stato d’urgenza, in vigore dal 1981, quando fu assassinato Sadat”.

Se quindi finora le tensioni inter religiose erano considerate il nervo scoperto di Mubarak, ora c’è anche la politica che si fa su internet a lanciare segnali di possibile destabilizzazione.

“Adesso, a 82 anni, e con una salute malferma, Mubarak potrebbe anche ripresentarsi per un ulteriore mandato di sei anni. Oppure, come si pensa, potrebbe proporre, vale a dire tentare di imporre, il figlio Gamal di 47 anni. Il quale non sarebbe però gradito all’esercito. Perché non è un militare (il padre gli ha dato responsabilità nel partito) e non sarebbe quindi nella tradizione. Inoltre Hosni Mubarak è un presidente che non ha mai suscitato grandi entusiasmi, e che ha favorito la famiglia. Non sarebbero quindi in molti a vedere di buon occhio una sua riconferma, malato com’è, o una successione in favore del figlio. Questi sono aspetti che fanno pensare alla vicenda tunisina. Ma la grande differenza è che, al contrario di quello tunisino, l’esercito egiziano ha un peso determinante. E ha ben altre dimensioni”.

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