Guerra fredda, molto fredda, quella che gli Emirati Arabi hanno cominciato a praticare nei confronti dell’Italia. Niente truppe ed eserciti ovviamente, quindi qualcosa di molto meno di un confronto militare. Ma di atti ostili quanti se ne vuole e in crescendo, a configurare qualcosa di più di uno scontro diplomatico.
L’ultimo: il divieto di sorvolo dello spazio aereo degli Emirati per l’areo che sotto bandiera italiana andava in Afghanistan recando a bordo ministro della Difesa e giornalisti, l’aereo in missione per la cerimonia dell’ammaina bandiera italiana appunto in Afghanistan.
Come sempre, a margine delle cose serie, si sviluppano piccole farse, intermezzi comici, posture teneramente grottesche. Anche in questo caso: la gran parte della stampa italiana ha dato conto e notizia del divieto di sorvolo come di un fastidioso allungamento del viaggio, nelle poche righe pubblicate al riguardo si avvertiva imponente e un filo indignato il disagio dei giornalisti per le ore d’aereo in più. Niente altro. Perché, c’era altro?
L’altro comincia con l’embargo sulle forniture di armi agli Emirati Arabi deciso a suo tempo dal governo Conte-Di Maio. Ad Abu Dhabi se la sono legata al dito, anzi al polso, anzi a tutte e due le braccia. E da allora gli Emirati boicottano come possono tutto ciò che sa di italiano. Non solo merci e scambi, boicottano apertamente le relazioni tra Roma e Abu Dhabi.
Il divieto di sorvolo del proprio spazio aereo è ad esempio una sanzione che la Ue ha decretato con fatica nei confronti della Bielorussia di Lukashenko che dirotta ad aerei civili per rapire di fatto oppositori al regime in viaggio fuori dal territorio bielorusso. Il divieto di sorvolo del proprio spazio aereo è dichiarare il paese cui appartiene l’aereo che si tiene lontano un paese nemico o almeno pericoloso.
E’ un gesto duro, è un gesto ostile. Nel, si fa per dire, migliore dei casi quello degli Emirati nei confronti dell’Italia è l’estrema pressione, l’ultimatum perché Roma receda dall’embargo sulle armi.
Dopo l’ultimatum del divieto di sorvolo può esserci lo sfratto, l’intimazione da parte degli Emirati a chiudere la base aerea italiana che opera a Dubai. Senza l’utilizzo di questa stazione aerea, ad esempio, tutta la logistica (e quindi la sicurezza) del ritiro italiano dall’Afghanistan diventerebbe più difficile e costosa.
Da Roma nessuna risposta pubblica all’azione ostile degli Emirati, tra l’altro la pubblica opinione italiana nulla sa della vicenda e quindi non è partito il circo delle dichiarazioni, sondaggi…E’ immaginabile che a Roma si preferisca un basso profilo, la convocazione dell’ambasciatore e punto.
Ma sembra proprio siano gli Emirati a non volersi fermare. E allora Roma dovrà scegliere se allentare l’embargo o se reagire con durezza. In ogni caso la piccola guerra fredda tra Emirati e Italia ricorda che la scelta di un embargo, che sia giusta, motivata, sacrosanta oppure improvvisata, frenetica e inutile, non è mai gratis per chi la compie.
Spesso si sente dire, perfino esigere rotture ed embargo con tutti i paesi che tengono in piedi conflitti militari e con tutti quelli che non rispettano diritti umani e con tutti quelli retti da regimi non democratici. Cioè rompere relazioni con almeno una cinquantina di paesi, tra grandi e piccoli, nel mondo. Forse di più ad essere pienamente coerenti. Si può fare, talvolta è giusto farlo e pagarne il costo. Ma quello che non si dovrebbe poter fare è raccontare e raccontarsi che è gratis.