MOSCA, RUSSIA – Tra Russia e Usa tira aria di guerra fredda anche in campo culturale. Dopo il recente scambio di ”gentilezze” – divieto di adozioni in Usa contro legge Magnitski – una corte di Washington ha ordinato a Mosca di pagare una multa da 50 mila dollari al giorno finche’ non restituira’ all’influente movimento religioso ebraico di orientamento chassidico ‘Chabad-Lubavitch’ la cosiddetta collezione Schneerson, migliaia di libri e manoscritti sacri sequestrati durante la rivoluzione bolscevica o rubati dai nazisti e poi trasferiti dall’Armata Rossa agli archivi militari dell’Urss.
Una restituzione decretata dallo stesso tribunale nell’agosto del 2010 ma che la Russia non ha mai attuato ritenendo quei libri un ”patrimonio nazionale” e una ”proprieta’ statale russa”, come ha ribadito il ministero degli esteri definendo la sentenza un provvedimento ”di natura extraterritoriale” e ”contrario alla legge internazionale”.
Una ”provocazione”, un ”oltraggio”, un ”passo senza precedenti con conseguenze gravissime” perche’ si multa uno Stato sovrano. Mosca ha minacciato anche misure di ritorsione se i beni statali russi in Usa non saranno protetti dall’immunita’ diplomatica e verranno confiscati per applicare la sentenza. Un timore esistente dalla precedente decisione del 2010, tanto che da allora e’ stata sospesa la cooperazione culturale tra i due Paesi. Nel marzo del 2011, ad esempio, il ministero degli esteri russo aveva ordinato il ritorno in patria delle preziose icone di Rubliov esposte in un museo americano. Poi l’Hermitage non invio’ i suoi quadri di Gauguin per una mostra in Usa e il Metropolitan si vendico’ rinunciando a partecipare ad una esposizione al Cremlino.
Nel timore di sequestri, nell’ottobre 2011 persino un veliero russo come il Nadezhda aveva evitato di attraccare a S. Francisco. Ora il ‘Schneerson gate’ rischia di inasprire ulteriormente i rapporti tra Mosca e Washington, guastati anche dalla chiusura in Russia dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (Usaid) e da leggi come quella che impone alle ong con fondi esteri di definirsi ‘agenti stranieri”. L’amministrazione Obama era contraria all’intenzione di infliggere una multa al governo russo ritenendo il provvedimento non applicabile e potenzialmente dannoso per gli interessi della politica estera americana.
Ma il movimento Chabad-Lubavitch ha utilizzato una legge di meta’ anni Settanza, il Foreign Sovereign Immunities Act, che consente alle corti Usa di fare causa anche agli Stati sovrani e ai loro governi. La storia della collezione Schneerson, 12 mila libri e 50 mila documenti, di cui 400 manoscritti, e’ da romanzo. Fu messa insieme a partire dal 1700, nel villaggio Lubavici, nella regione di Smolensk, dal rabbino Joseph I Schneersohn e dai suo discendenti. Poi si divise in due: una parte, ”nazionalizzata” dai bolscevichi dopo il 1917, fini’ alla biblioteca Lenin, mentre un’altra, portata in Polonia da uno dei rabbini successivi – salvato dalla fucilazione dalla moglie di Gorki e alla fine approdato a New York – fu prima sequestrata dai nazisti nel 1939 e poi, come tanti altri tesori artistici, fini’ nelle mani dell’ Armata rossa, che la invio’ agli archivi militari statali.
Poco prima del crollo dell’Urss, la comunita’ chassidica ando’ all’attacco per riavere i libri, anche con veri e propri blitz al municipio di Mosca e alla biblioteca Lenin. E nell’ottobre ’91, con l’avallo di Ielstin, la corte di arbitraggio ordino’ la restituzione della collezione ma la biblioteca si rifiuto’ e l’anno dopo la decisione fu annullata. Nel ’95 alcuni libri della collezione spuntarono al mercato nero in Russia e Israele. Nel 2004 ci fu la prima causa contro Mosca, in California.
Da allora sono passati quasi dieci anni e quei volumi tengono ancora in ostaggio le relazioni culturali tra i due Paesi. E sono una ferita aperta per gran parte della comunita’ ebraica russa e per lo stesso rabbino capo, Berel Lazar, autorevole membro del movimento Chabad Lubavitch, in un Paese noto storicamente per il suo antisemitismo. Ben poco potra’ fare in questo caso la recente inaugurazione a Mosca di uno dei piu’ grandi musei ebraici del mondo, con il contributo e l’incisione del nome di Putin tra le targhe dei benefattori.