– ROMA, 16 NOV – ''Joseph Ratzinger non doveva
diventare Papa''. Gia' l'incipit del nuovo lavoro del
vaticanista Marco Politi, ''Joseph Ratzinger. Crisi di un
papato'' (Laterza, pagg. 340, euro 18.00), suggerisce quale
sara' la tesi del libro: una serrata e documentata trattazione
sul fatto che Benedetto XVI, fine teologo, intellettuale di
statura, non e' la persona adatta per l'azione di governo
necessaria a un organismo come la Chiesa, non ha la visione
geopolitica per confrontarsi con i problemi del mondo. E anche i
ricorrenti errori comunicativi restituiscono il profilo di un
Papa ''impolitico''.
Sull'argomento, con giudizi anche diametralmente opposti, si
sono confrontati questa sera all'Archivio di Stato, presente
l'autore, teologi, storici, giornalisti, entrando anche nel
merito di questioni che hanno anche segnato ''incidenti'' del
Pontificato, come i rapporti con gli ebrei, quello con i
Lefebvriani (e il fatto di aver tolto la scomunica a un vescovo
negatore della Shoah), le tensioni con l'Islam, tra gli altri.
A sposare pressoche' integralmente la tesi del libro e' stato
il teologo Vito Mancuso, secondo cui uno studioso come Ratzinger
''si raccorda male con una visione geopolitica del mondo e con
un'azione di governo che il suo ufficio e il suo ruolo
richiedono''. Secondo Mancuso, l'attuale Papa ''governa poco'',
ci sono poche plenarie delle Congregazioni, pochi Concistori,
scarsa consultazione. La ''crisi del Papato'' e' quindi ''da
ricondurre a questa qualita' di Ratzinger di essere un uomo di
studio e non un uomo di governo''. E dire, secondo Mancuso, che
non e' la teologia a pregiudicare la capacita' di governo o di
interpretare quanto succede nel mondo, si vedano teologi come
Karl Barth, o anche la ''teologia della liberazione'' (peraltro
combattuta proprio dal card. Ratzinger) che non e' altro che
''una lettura geografica e politica per dare piu' giustizia al
mondo di fronte al problema della poverta'''.
In Benedetto XVI, pero', si vede – secondo Mancuso – ''la
pura applicazione pratica della sua teoria teologica'', che
''abita la sua mente e soprattutto il suo cuore'', e che ''viene
prima di quanto succede nel mondo: il mondo e' solo il luogo in
cui riversare quella teoria''.
A tale interpretazione si e' radicalmente opposto il
direttore dell'Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian, che ha
dato un giudizio negativo del libro di Politi, ''un lavoro che
delude – ha detto – perche' l'autore avrebbe avuto i numeri per
dare invece un'immagine reale del Pontificato''. A parte i
rilievi sull'insufficienza della documentazione, sull'aver preso
per attendibili documenti ''che non lo sono affatto'' (come il
diario di un cardinale sull'ultimo Conclave gia' uscito nel 2009
sul 'Limes'), Vian ha in particolare contestato l'idea di
Ratzinger come puro intellettuale, refrattario ai compiti
imposti dal ruolo. ''Non e' vero che non si fanno riunioni,
tutt'altro, le consultazioni sono continue – ha detto -. Non ci
sono solo le plenarie. Non c'e' nulla di piu' lontano dalla
realta' del teologo con la testa tra le nuvole, che accarezza il
gatto di porcellana. In sei anni Ratzinger ha completamente
cambiato la Curia''.
E se la storica ebrea Anna Foa, pur con incidenti col mondo
ebraico come il caso Williamson e la preghiera del Venerdi'
Santo, riconosce in positivo elementi di ''grande novita'''
soprattutto in quanto scritto del Papa nel suo 'Gesu' di
Nazaret', il giornalista ed ex parlamentare Furio Colombo vede
un ''Papa in imbarazzo'': un uomo colto, tutt'altro che
disinformato su quanto accade nel mondo, ma ''imbarazzato
dall'immensita' carismatica del suo predecessore'', oltre che
''dall'essere Papa di una Chiesa in difficolta', allo stesso
tempo troppo potente e troppo debole''. .