Secondo un magistrato iraniano, «il codice penale islamico prevede la pena di morte per coloro che creano danneggiamenti e incendi, considerandoli Nemici di Dio»: ma per il regime iraniano, la minaccia principale ora si chiama internet. Dopo aver relegato i giornalisti negli alberghi, per i Guardiani della rivoluzione, l’obiettivo è impedire che su Internet circolino immagini e racconti di quello che accade nelle piazze: attraverso la minaccia, sperano di fermare chi si serve di blog e social network per diffondere le informazioni.
Per i Guardiani, il corpo d’elite che risponde direttamente al leader supremo Alì Khamenei è necessario rimuovere qualunque materiale che«crei tensione»: tutti i siti sono stati «identificati» e sono «sponsorizzati finanziariamente e tecnicamente dalle aziende canadesi e statunitensi che sono state appoggiate dai servizi di intelligenze Usa e britannico».
I blog, i social network Facebook e Twitter sono stati vitali per l’opposizione iraniana per informare il mondo sugli avvenimenti legati al voto elettorale contestato: sono stati molto utilizzati dai cittadini persiani per comprendere quello che stava succedendo. Dal mondo sono arrivate vivaci proteste contro questo tentativo di mettere il bavaglio all’utilizzo della rete.
L’amministrazione Obama non ha voluto interferire con la situazione in Iran fino ad ora, ma secondo il Washington Post, il Dipartimento di stato ha fatto in modo che l’opposizione iraniana non rimanesse senza una voce su internet: un funzionario del dipartimento ha infatti inviato una mail ad uno dei fondatori di Twitter, chiedendo che le previste attività di manutenzione del social network venissero rimandate in modo da consentire agli utenti iraniani di rimanere in contatto.