«Sono dichiarazioni che non potranno aiutare a risolvere i problemi, ma al contrario li renderanno più complicati». Lo ha detto Kazem Jalali, portavoce della Commissione affari esteri e sicurezza nazionale del Parlamento iraniano, commentando le affermazioni fatte ieri, 2 febbraio, in Israele dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Il premier italiano aveva detto che «è un dovere sostenere ed aiutare la forte opposizione» in Iran.
«Nel nostro Paese – ha detto Jalali, su posizioni conservatrici moderate – siamo capaci di risolvere i nostri problemi perché la nazione gode di una sviluppata cultura politica. Dichiarazioni come quelle di Berlusconi rendono le cose più complicate perché questa nazione, ogni volta che senta la presenza di una mano straniera in una questione, la rifiuta».
Per quanto riguarda le dichiarazioni di Berlusconi sulla pericolosità dell’Iran a livello internazionale, in particolare per il suo programma nucleare, il portavoce della commissione Esteri di Teheran ha affermato che ciò rientra in «una propaganda dei Paesi occidentali per creare un clima di ‘Iranofobia’ nella regione al fine di soddisfare il regime sionista», cioé Israele.
«La Repubblica islamica non è un pericolo – ha detto ancora Jalali – né rappresenterà un pericolo per la comunità internazionale o la regione».
Berlusconi continua l’affondo. Berlusconi, però, insiste e punta il dito contro la minaccia nuclare di Teheran: «In una situazione che può aprirsi alla prospettiva di nuove catastrofi, l’intera comunità internazionale deve decidersi a stabilire con parole chiare che non è accettabile l’armamento atomico a disposizione di uno Stato i cui leaders hanno proclamato ‘apertamente’ la volontà di distruggere Israele ed hanno negato insieme la Shoah e la legittimità dello Stato Ebraico. Bisogna sconfiggere i disegni pericolosi del regime iraniano».
«La via da percorrere -dice- è quella del controllo multilaterale sugli sviluppi militari del programma nucleare iraniano, quella del negoziato risoluto, quella delle sanzioni efficaci: bisogna esigere garanzie ferree dal governo di Teheran, impegnando in modo determinato l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica al controllo ispettivo ed alla verifica continua dei progressi del negoziato».
Parlando poi con Shimon Peres, Berlusconi continua l’affondo: «Mi impegno a operare affinchè anche gli altri leader europei e dei maggiori Paesi capiscano la gravità della minaccia nucleare iraniana. Io sono un vecchio uomo politico: dal lontano 1994 ho presieduto il G8 per ben tre volte e ogni volta – ha ricordato il premier – ho sempre portato sul tavolo il problema della sicurezza di Israele. Continuerò a farlo – ha assicurato – avvalendomi dell’amicizia che mi lega ai leader di tutti i principali Paesi».
Controversa, secondo Teheran, anche l’affermazione di Berlusconi circa il disimpegno dell’Eni nei giacimenti petroliferi italiani. Il direttore della compagnia nazionale petrolifera iraniana, Seifollah Jashnsaz, ha smentito che l’azienda italiana si sia ritirata dai piani di sviluppo per la “terza fase” dello sfruttamento del giacimento di Darkhovin. “I negoziati vanno avanti”, ha detto l’alto funzionario di Teheran.