E’ passato un anno esatto dalla morte di Neda Agha-Soltan, la giovane diventata un simbolo del movimento di protesta in Iran. Ha pagato con il sangue la repressione delle manifestazioni a Teheran contro l’esito delle presidenziali. Una “martire della libertà”: così Zahra Rahnavard, moglie del leader dell’opposizione iraniana Mir Hossein Mousavi, ha reso omaggio alla ragazza.
Nella capitale iraniana, riferiscono testimoni, è tornato a farsi vedere un nutrito schieramento di forze di sicurezza, nel timore che nel primo anniversario di una delle giornate più sanguinose della protesta – con un bilancio ufficiale di dieci morti, ma superiore secondo l’opposizione – potessero esserci nuovi tentativi di raduno da parte del fonte anti-governativo.
Ma fin da ieri, riferiscono siti dell’opposizione, la madre di Neda aveva fatto appello a tutti perché si tenessero lontani dalle piazze e si limitassero a ricordare la figlia accendendo una candela nelle loro case alle 18:10 (le 15:40 in Italia), l’ora in cui Neda cadde sull’asfalto del Viale Kargar, colpita da un proiettile. Il filmato dell’agonia di Neda, che aveva 26 anni, ripreso con un cellulare e diffuso su Internet, ne ha fatto da allora il volto della protesta. Il 12 giugno scorso, primo anniversario della contestata rielezione del presidente Mahmud Ahmadinejad, che diede il via alle manifestazioni anti-governative, anche la televisione di Stato è tornata a parlare di Neda, ma per ribadire la tesi del complotto, negando che ad ucciderla sia stato un colpo sparato dalle forze di sicurezza. A partire da quel 20 giugno 2009, del resto, le autorità iraniane hanno addossato via via la responsabilità dell’uccisione della giovane alla Cia, ad un giornalista della Bbc e ai Mujaheddin del Popolo, il principale movimento di opposizione armata al regime. Chiamato in causa anche, come complice, un giovane medico, Arash Hejazi, che nel video si vede mentre presta soccorso a Neda e che qualche giorno dopo riparò a Londra.
La televisione ha mandato in onda un documentario e una ‘tavola rotonda’ alla quale era presente lo stesso miliziano islamico, Abbas Kargar Javid, che i manifestanti accusano di avere sparato il colpo fatale e che ha affermato di non avere nulla a che fare con la morte della giovane. L’opposizione accusa il regime di volere in questo modo negare le proprie responsabilità. Ricordando oggi altre due giovani uccise nelle proteste dello scorso anno, cioé Shabnam Sohrabi e Taraneh Mussavi, Zahra Rahnavard ha sottolineato il ruolo svolto dalle donne nel ‘movimento verde’ dell’opposizione. Per questo, oltre al “rilascio dei prigionieri politici, elezioni libere e libertà di stampa”, la moglie di Mussavi ha chiesto “la fine della discriminazione” nei confronti delle donne. Un altro dei leader dell’opposizione, Mehdi Karrubi, in una “lettera al popolo iraniano” definisce “una vergogna che non può essere nascosta in alcun modo” la rielezione di Ahmadinejad e la repressione delle manifestazioni che seguirono.