Otto mesi dopo le elezioni legislative i vari partiti iracheni sono riusciti a raggiungere un accordo di massima per la formazione di un governo di unità nazionale.
Riconfermato il premier uscente, lo sciita Nuri al Maliki, e il presidente, il curdo Jalal Talabani. La presidenza del parlamento va invece al Blocco iracheno del rivale Ayad Allawi, nella persona del deputato Osama al Nujaify.
La notizia dell’accordo è stata accolta con soddisfazione dagli Stati Uniti: “La decisione di formare un governo di unità costituisce un grande passo avanti: abbiano sempre sostenuto che la soluzione migliore sarebbe stata quella di un esecutivo che riflettesse il risultato del voto e includesse tutti i principali partiti e blocchi confessionali, senza emarginare nessuno”, ha commentato Tony Blinken, consigliere per la sicurezza nazionale del vicepresidente statunitense Joe Biden.
Un’intesa senza i sunniti avrebbe potuto aggravare le violenze interconfessionali, che si sono fatte più acute negli ultimi mesi, con il rischio di un ritorno sulla scena di gruppi vicini ad Al Qaeda.
La conferma di al Maliki, duramente contrastato da Allawi, dimostra la crescente influenza iraniana, così come il sostegno dato al premier uscente dalla fazione fedele al leader radicale sciita Moqtada al Sadr.
I risultati del voto avevano sancito la vittoria, con 91 seggi, del Blocco iracheno di Allawi, sciita, ma con personalità sunnite. L’Alleanza nazionale del primo ministro uscente Al Maliki ha ottenuto 89 seggi, 70 l’Alleanza nazionale irachena (sciita religioso). I partiti curdi contano 43 deputati. Per questo, considerato che nessuna delle forze politiche aveva ottenuto la maggioranza di 163 deputati, è stata necessaria la formazione di un esecutivo di coalizione.
[gmap]