La furia politica americana di cui tanto si è parlato dopo la tragedia dell’Arizona è particolarmente virulenta proprio in questo stato del sudovest degli Stati Uniti, collegato al Messico da un confine lungo 3.170 km, che secondo Clarence Dupnik, lo sceriffo della Contea di Pima, dove è avvenuto il massacro dell’8 gennaio, ”è sfortunatamente diventato la mecca del pregiudizio e del settarismo”.
Oltre ai vari oppositori alla legge contro l’immigrazione voluta dalla governatrice repubblicana Jan Brewer, la famosa legge SB 1070, a finire sotto al mirino delle minacce è lo sceriffo della Contea di Maricopa, Joe Arpaio, noto per il suo brutale trattamento degli immigranti illegali. Sulla sua testa lo scorso agosto è stata posta una taglia di un milione di dollari, ma per i motivi opposti che hanno portato al ferimento di Gabrielle Giffords.
Lo sceriffo non ha sottovalutato la minaccia, ma, ha detto, ”la cosa non mi turba più di tanto. Non c’è molto che possa fare”. l’ultima intimidazione gli è arrivata dal Messico un mese fa. “Vogliono uccidermi e non è che non ci stiano provando”, ha dichiarato. E cosa intende fare? “Niente”, ha risposto, “che posso fare? Dimettermi e andare a dirigere il traffico in qualche idilliaca cittadina del nord? Macchè. Io sono un poliziotto, è il mio lavoro. Le cose qui da noi vanno come vanno e bisogna conviverci”.
Lo sceriffo Arpaio è costantemente seguito da una scorta di due vice-sceriffi, ma incredibilmente non gira armato. ”Il cinturone con la pistola o il fucile a canne mozze intimidiscono la poca brava gente rimasta”, dice. Insomma, la figura dello sceriffo oggi non è più quello ad esempio di un John Wayne protagonista di un classico della cinematografia come “un dollaro d’onore”.
Il ruolo della sceriffo nell’America del terzo millenio è decisamente cambiato.