Teledemocrazia, ovvero cosa c’è c’è di più democratico della tv che arriva in tutte le case con le sue facce e le sue voci. Lo sa bene la politica di oggi, che tanto deve alla tv, in termini di popolarità, ma che altrettanto le deve rimproverare: perchè la televisione è spietata e premia chi è più bello, giovane, disinvolto e, come insegna Berlusconi, sfrontato.
La prima dimostrazione di questo teorema arriva dagli Stati Uniti: un dibattito tv, il primo, e subito fu chiaro quanto il tubo catodico fosse davvero decisivo nelle scelte elettorali degli americani. Quello tra Kennedy e Nixon. Giovane, bello e rilassato il primo. Più anziano, rigido e goffo l’altro.
Vittorio Zucconi, su Repubblica, ha rievocato l’intensità di quei momenti. Narratore principe e forse ormai unico rimasto in lingua italiana, Zucconi esordisce da un particolare, la goccia di sudore che scende, come una perla malsana, sul mento di Nixon, già tormentato, e fu un tormentone per anni sui giornali americani, dall’ombra della barba alle cinque della sera (the five ‘o clock shadow, che fece anche ingiustamente paragonare a Nixon il più tormentato privatamente ma più corretto politicamente Emilio Colombo).
Una goccia di sudore non è nulla ma, ricorda Zucconi, fu il primo segnale di un’anima complessa e contorta, che finì al rogo virtuale nello scandalo del Watergate ma che anche trasse l’America dalla guerra in Vietnam in cui il rivale e successore di Kennedy, Lyndon Johnson, l’aveva trascinata.
L’evento venne trasmesso in diretta tv e radio, nel 1960: durò un’ora e venne seguito da 73 milioni di americani. Uno share da far impallidire anche il conduttore più consumato. La “resa” televisiva dei due fu determinante: Kennedy, 43 anni, era fresco e diretto mentre Nuixon, che pure aveva solo qualche anno in più dell’avversario democratico, sembrava suo zio.
Non solo uno scontro tra belle facce però, il dibattito televisivo accende i riflettori su un genere antico della politica: l’agone. E i duellanti combattono sfoderando slogan e frasi a effetto. Lo scontro Nixon-Kennedy è la prima dimostrazione di cosa dire in tv e cosa non dire. Nella prima categoria c’è il gioco d’anticipo di Kennedy: spiazza il suo interlocutore, e, da democratico, spara a zero sull’Unione sovietica. Nessuna politca “soft”, ma la necessità di rispondere colpo su colpo all’atteggiamento aggressivo dell’Urss. La risposta che dà Nixon è da catalogare invece in “ciò che non si deve mai dire in un dibattito tv”: “Molti di noi sarebbero d’accordo con Kennedy”, ossia: mai dare ragione all’avversario.
Nixon a questo punto arranca, suda visibilmente, ha l’aria stanca, un velo di barba cresciuta, il viso tirato di chi prende medicine dopo un’operazione al ginocchio. Questo alla radio non si vede ma la tv lo mostra implacabile. Potere dell’immagine: un sondaggio radiofonico indicò Nixon come vincitore del dibattito. Esito opposto invece tra i telespettatori, conquistati dal sorriso e dal ciuffo da bravo ragazzo ribelle di Kennedy.
Quella sera del 1960 fece scuola, inaugurando l’attuale era politica: l’immagine conta più del contenuto.