Libano, al governo il candidato di Hezbollah. E il paese di Hariri scende in piazza

Najib Miqati

GERUSALEMME —Il Libano torna ad infiammarsi. Letteralmente. Come racconta Francesco Battistini sul Corriere della Sera, vengono dati alle fiamme copertoni e cassonetti da Sidone a Tripoli. E oggi, 25 gennaio, sarà il “giorno della collera” contro gli Hezbollah, il “partito di dio” sciita filorianiano guidato da Hassan Nasrallah.

A chiamare la piazza allo mobilitazione è Saad Hariri, il premier sunnita e filoccidentale figlio dell’ex premier Rafic Hariri, ucciso nel 2005. Da poco dimissionato da Hezbollah.

Il parlamento ha votato ieri, 24 gennaio – 128 voti contro 65 – un governo guidato da Najib Miqati, candidato di Hezbollah. Oggi, 25 gennaio, il presidente Michel Suleiman gli conferirà ufficialmente l’incarico, invece che ad Hariri, sostenuto da Stati Uniti e Arabia Saudita.

Il miliardario Miqati, 56 anni e una laurea ad Harvard, sunnita come Hariri (e come prevede la Costituzione nella spartizione di poteri tra le varie minoranze libanesi) promette di essere il “premier di tutti”, ma in verità, scrive Battistini, è spinto direttamente dall’Iran e dalla Siria, oltre che dalla Frnacia e dal Qatar.

Hariri protesta, denunciando un “colpo di Stato, un tentativo di mettere il Paese sotto il controllo dei religiosi iraniani. Chiunque accetterà una nomina in questo governo, sarà considerato un traditore”

Miqati gli tende la mano per “salvare il paese”, ma la fuga dei mediatori sauditi e turchi rende bene l’idea dell’attuale stato di tensione in Libano. Il 12 gennaio i ministri Hezbollah sono usciti dalla coalizione, aprendo la crisi in una situazione già tesa per linchiesta Onu sull’assassinio del padre di Hariri e per la sicura incriminazione internazionale dei dirigenti sciiti, forse della stessa guida religiosa Nasrallah.

Il tutto mentre Hariri junior, e con lui l’amministrazione Obama, è determinato ad accettare il verdetto, mentre i militanti di Hezbollah sono altrettanto determinati a non farsi processare.

La nomina di Miqati, scrive ancora Battistini, è la “prima spallata resa possibile dalla giravolta politica dello stesso Miqati e da quella di Walid Jumblatt, l’eterno leader druso, che nel 2005 guidò la Rivoluzione dei Cedri contro la Siria e in pochi anni è riuscito a diventare amico di siriani e iraniani”.

Gli israeliani sono stati i primi a capire la direzione: “Se a Beirut vanno al governo gli Hezbollah— ha detto il vicepremier Silvan Shalom —, tutto diventa molto pericoloso. Vuol dire che un’organizzazione terroristica s’è impadronita d’un Paese” .E nel paese, al Qaida c’è già da un pezzo, e sta con i sunniti, pronta a combattere l’Iran.

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Published by
Maria Elena Perrero