Libia: i tre giorni di Berlusconi che “bombardò la Libia a sua insaputa”

ROMA – “Sono sorpreso che la Francia abbia voluto calcare la mano in maniera unilaterale sulla questione libica”. E’ questa – secondo quanto riferito da alcuni presenti – l’ultima presa di posizione sulla vicenda libica espressa dal premier durante la cena elettorale in favore del candidato sindaco del centrodestra alle comunali di Torino. E’ sorpreso dunque il Cavaliere dall’atteggiamento dei cugini transalpini, sorpresa a sua volta in qualche modo sorprendente visto che il via alle operazioni militari in Libia è stato dato da meno di 72 ore dopo un vertice, proprio a Parigi, tra tutti gli “alleati”. Vertice non chiarificatore e che ha evidentemente lasciato molti punti ancora da definire. Ma pèossibile che nessuno avesse “definito” che per fare una No Fly Zone per prima cosa si spara?

E proprio dal vertice di Parigi che ha dato il via all’operazione “Odyssey Dawn” partiamo per ricostruire il Berlusconi pensiero degli ultimi giorni sulla crisi libica. Berlusconi-pensiero che ha alternato, in questi tre giorni, fasi di protagonismo, poche, e basso profilo, più spesso, lasciando in alcuni casi il Presidente Napolitano solo a rispondere della gestione del ruolo del nostro paese nella questione libica. Sono i tre giorni in cui si passa, si danza dal pollice verso a Gheddafi alla sponda con la Russia per una mediazione, dalla insopportabilità che Gheddafi resti in sella al “dolore personale” per i guai in cui il Rais si dibatte, dall’allenza militare con i “volenterosi” dell’Onu alla minaccia di sfratto per i caccia francesi dalle nasi italiane. Tre giorni causticamente definiti da “Jena” su La Stampa: quelli in cui “Berlusconi ha bombardato la Libia a sua insaputa”. Ogni rifermento alla casa diu Scajola comprata appunto “a sua insaputa” è voluto e per nulla casuale.

Subito dopo il vertice di sabato 19 marzo all’Eliseo la posizione italiana, indicata in conferenza stampa da Berlusconi, era: “L’Italia, per il momento, mette a disposizione le basi e, attraverso la nostra partecipazione al coordinamento delle operazioni, potrà essere richiesta di una partecipazione con i suoi mezzi” e “noi abbiamo anticipato che potrebbe essere possibile tale partecipazione”. Il coordinamento, su proposta italiana, ha aggiunto il premier, “sarà effettuato probabilmente nella base Nato di Napoli”. Evidentemente nel vertice parigino si parlò anche del coordinamento della missione quindi. Nella stessa conferenza stampa poi Berlusconi disse: “Vorrei tranquillizzare i nostri concittadini: le nostre forze armate ieri hanno fatto un esame approfondito della disponibilità di armi e di missili del regime libico, e la loro conclusione certa è che non ci sono in questo momento armi in dotazione della Libia che possano raggiungere il territorio italiano”.

Uno sguardo alla missione seguito dalle riflessioni del Premier sull’ormai ex amico Gheddafi: “Noi abbiamo ancora la speranza, visto questo schieramento globale, non solo dell’occidente ma anche

del mondo arabo, che ci possa essere un ripensamento da parte del regime libico”. Si tratta di una soluzione che il premier auspica sia giudicata di propria “convenienza dallo stesso regime”. Salvo poi auto smentirsi o quasi un secondo dopo rispondendo ad una domanda sull’affermazione del segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, secondo cui il leader libico non potrà restare al potere nel paese nordafricano dopo l’intervento internazionale: “Tutta la comunità internazionale pensa che sia difficile che un regime, durato 41 anni, possa continuare dopo quello che è accaduto”.

Una cosa quindi sembrava chiara ascoltando le parole di Berlusconi dopo il vertice parigino: “Noi abbiamo detto di essere disponibili, sulla base delle esigenze” ad intervenire direttamente nelle operazioni militari in Libia, ma “non credo che ci saranno particolari esigenze a riguardo perché come voi sapete si deve innanzitutto mettere in atto il rispetto della no fly zone e quindi io credo che i mezzi della Francia, dell’Inghilterra e degli altri Paesi siano sufficienti. Quindi, noi abbiamo detto che saremo a disposizione ove si rivelasse la necessità del nostro intervento e comunque mi

sembra che già le basi siano una partecipazione importante e direi indispensabile affinché queste operazioni possano avvenire”. Diamo le basi, e non potremo fare altrimenti vista la nostra posizione geografica, e siamo disponibile, anche se a malincuore, a fornire anche degli aerei. Posizione criticabile, magari non condivisibile, ma chiara. Posizione più sfumata invece su quello che sarà il futuro del Colonnello, la sua eliminazione, politica s’intende, non è nel mandato ONU e non è infatti ancora chiaro quale sia la posizione in merito delle forze internazionali. “Questa mattina non si è arrivati a parlare di questo. La preoccupazione è quella di far sì che non ci siano vittime tra la popolazione civile e quindi il punto fondamentale è stato questo”. Rispondeva così Berlusconi a chi gli chiedeva se durante il vertice all’Eliseo si fosse parlato anche del dopo Gheddafi: “Si è cominciato a parlarne, ma in accordo con tutti si è trasferito a dopo “la discussione perché ora la cosa più importante è salvaguardare la popolazione civile contro cui vengono impiegate armi da guerra, molto molto pericolose”.

Al vertice transalpino segue poi una domenica di operazioni militari in terra libica e di silenzio da parte del Premier che torna a parlare della vicenda solo lunedì a margine di una cena elettorale per presentare il candidato sindaco a Torino del Pdl. E lo ha fatto chiedendo che il comando delle operazioni passasse alla Nato e ribadendo la necessità di definire obiettivi chiari per la missione. “Desideriamo che il comando delle operazioni passi alla Nato e che ci sia un coordinamento diverso

da quello istituito finora”, la polemica è come detto con i francesi, e la richiesta ulteriore è quella di uno sforzo umanitario e una politica comune a livello europeo per tentare di scongiurare e gestire l’emergenza profughi che vede l’Italia in prima linea. Ma, rispetto a due giorni prima, c’è una novità che emerge dalle parole del Cavaliere: “I nostri aerei non sparano e non spareranno”. I nostri aerei sono dunque serviti, smentendo il “non credo che serviranno” espresso solo 48 ore prima. Servono per proteggere la no fly zone ma non bombarderanno. E se venissero attaccati? Posizione che diventa via via meno chiara con il passare del tempo tanto è vero che alla fine della cena elettorale dopo il ministro Frattini anche Berlusconi paventa un cambio di rotta. Se il coordinamento delle operazioni non passerà all’Alleanza Atlantica l’Italia potrebbe riprendersi il comando delle proprie basi, togliendo quindi l’iniziativa alla Francia.

La cena, e le dichiarazioni del Premier, si chiudono con una riflessione amara del Cavaliere sul Colonnello: “Sono addolorato per Gheddafi e mi dispiace. Quello che accade in Libia mi colpisce

Personalmente”. D’altra parte erano sembrati così in sintonia nell’ultima trasferta romana del leader libico.

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Mino Fuccillo