Libia, lo scontro interno alla famiglia Gheddafi

Muhammar Gheddafi

ROMA – La chiamata a raccolta del clan Gheddafi è iniziata. Manca solo Aisha, 33 anni, unica figlia femmina del colonnello, avvocato a capo di una ong libica per i diritti delle donne si troverebbe a Dubai insieme ai tre figlioletti e alla nonna Safiam seconda moglie del rais. Aisha, che difesa Saddam Hussein, definendolo “Un leader che ha fatto tanto bene al Medio Oriente ed è stato ingiustamente condannato a morte”, non è rimasta accanto al padre.

Gli altri sette figli di Muhammar sono invece tutti nel paese in rivolta, uniti al genero Hamid, ufficiale delle forze speciali. Secondo quanto scrive Michel Farina sul Corriere della Sera, una persona della famiglia avrebbe raccontato al giornale Al-sharq al-Awsat che “il Colonnello non fuggirà anche se le cose dovessero precipitare. Quando è scoppiata la crisi ha richiamato in patria tutti i figli per fare il punto e decidere cosa fare”.

C’è Mohammed, 40 anni, primogenito nato dalla prima moglie Fatima, con incarichi nelle telecomunicazioni. C’è Saif aj-Islam, 38 anni, la faccia di Gheddafi per l’occidente: architetto, studi a Londra, il primo figlio della seconda moglie Safia è il più aperto e riformista, ed è il possibile successore del colonnello. A contendere la poltrona a Saif al-Islam c’è Mutassim, 36 anni, colonnello dell’esercito e potente consigliere della sicurezza nazionale. Militare anche il trentenne Khamis, comandante di una delle più temute unità scelte delle forze di sicurezza libiche coinvolte negli scontri di questi giorni. Altro passato invece per Saadi, 37 anni, ex calciatore ora a capo della Federcalcio libica, per Hannibal, 34 anni, noto per essere stato al centro di uno scontro diplomatico tra Libie e Svizzera, e il più piccolo, Saif al-Arab, 29 anni, studente in Germania, a cui nel 2005 venne sequestrata una Ferrari con tanto di fucile d’assalto e munizioni.

Ma la crisi in corso potrebbe avere allargato le divisioni tra l’ala militarista e quella più riformista della famiglia. Da una parte Saif al-Islam, la faccia presentabile del regime, l’unico che abbia osato criticare il padre, colui che, sottolinea il Corriere della Sera, vanta più contatti con le ambasciate europee che con il ministero della Difesa a Tripoli. Dall’altra il fratello minore Mutassim, già colonnello e dal 2010 consigliere per la sicurezza nazionale, l’amico dei vari rais arabi, uno degli organizzatori della repressione.

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Maria Elena Perrero