Libia, Gheddafi fuori dai negoziati

BRUXELLES, 26 GIU – ''I crimini contro la popolazione civile in Libia continuano. Per fermarli Gheddafi deve essere arrestato''. E' l'appello lanciato dal procuratore della Corte penale internazionale (Cpi), l'argentino Luis Moreno Ocampo, alla vigilia dell'attesissimo pronunciamento dei giudici dell'Aja, che domani dovranno decidere sul mandato d'arresto nei confronti del rais, del suo secondogenito Saif al-Islam, e del capo dei servizi segreti del regime libico, Abdullah al-Senussi.
La decisione – anche se nessuna indiscrezione e' trapelata – appare scontata anche se proprio oggi, l'Unione Africana ha rimesso sul piatto l'idea di una trattativa, con un'aggiunta: Gheddafi potrebbe ''accettare'' di non partecipare alle discussioni.
Le accuse contro di lui, comunque, sono pesantissime: stragi di civili disarmati, stupri di massa, uso della tortura su tutti i sospettati di essere contro il regime. Insomma, crimini contro l'umanita' che poggiano – secondo Moreno Ocampo – su ''prove dirette e consistenti'' raccolte in settimane di meticolose indagini. I dettagli – diffusi dallo stesso procuratore – sono terribili. Gheddafi avrebbe ordinato di persona l'uccisione di un numero enorme di civili nelle loro abitazioni o in luoghi pubblici, attraverso bombardamenti con l'artiglieria pesante o l'azione di tiratori scelti. Stragi sarebbero state compiute – ad esempio – nel corso di cerimonie funebri o all'uscita delle moschee. Secondo la procura del Cpi, poi, il rais ha anche stilato liste di presunti colpevoli, in seguito ''arrestati, imprigionati, torturati e scomparsi nel nulla''. Ma tra le accuse c'e' anche quella di avere ordinato ai militari stupri di massa, ''anche con la distribuzione di pillole sessualmente stimolanti''. Saranno i giudici della camera 'pre-processuale' del Cpi, presieduti dall'ex procuratore di Bolzano, Cuno Trasfusser, a decidere se le prove raccolte giustificano la decisione di spiccare il mandato di arresto per il rais e i suoi due piu' stretti collaboratori.
Intanto da Tripoli – nei cui dintorni sarebbero in corso combattimenti con le truppe ribelli – il portavoce del colonnello, Mussa Ibrahim, ribadisce come Muammar Gheddafi non mollera': ''Gheddafi e' qui – ha dichiarato – e ci resta. Guida il Paese e non lo lascera', ne' si dimettera'. Continueremo a combattere casa per casa, strada per strada''. ''Solo il popolo libico puo' decidere se Gheddafi deve andarsene'', ha quindi aggiunto il portavoce, rilanciando la proposta – finora respinta dai ribelli – di indire elezioni nel Paese. Una proposta che presuppone l'avvio di un dialogo nazionale. Dialogo al quale – questa la novita' – Gheddafi potrebbe non partecipare. Almeno stando all'annuncio dato dall'Unione africana (Ua).
''L'Ua saluta con favore la decisione del colonnello Gheddafi di non far parte dell'eventuale processo negoziale'', si legge senza ulteriori precisazioni in un comunicato diffuso al termine della riunione del gruppo di mediatori dell'Ua svoltasi a Pretoria. Al gruppo guidato dal presidente della Mauritania, Mohamed Ould Abdel Aziz, partecipa il presidente sudafricano, Jacob Zuma, insieme ai rappresentanti di Congo, Mali e Uganda. Insomma, forse – a quattro mesi dall'inzio del conflitto – si comincia a intravedere qualche spiraglio. Anche perche' quella di aprire una discussione tra le varie forze in campo e' un'ipotesi che sembra piacere in alcuni ambienti della Nato. E se Gheddafi dovesse in qualche modo farsi da parte, la strada dei negoziati potrebbe davvero essere spianata.
Intanto Zuma ammonisce gli alleati: la risoluzione Onu ''non autorizza un cambiamento di regime, ne' l'assassinio politico'', sottolinea, ricordando – all'indomani delle accuse libiche alla Nato di aver ucciso civili inermi a Brega – come i continui bombardamenti dell'Alleanza ''sono una preoccupazione dell'Ua''.

Published by
Alberto Francavilla